Il Sole 24.2.16
Unioni civili, costi e benefici della «nuova» maggioranza con Verdini
di Lina Palmerini
Era
cominciata con Matteo Renzi che voleva tenere fuori il Governo da una
legge di competenza del Parlamento. Finisce con un voto di fiducia e una
nuova maggioranza. Nel senso che ieri al Senato i conti non tornavano e
per far passare le unioni civili voterebbero con la compagine
governativa anche i senatori del gruppo di Denis Verdini. Insomma, da
che questo provvedimento doveva avere il minimo impatto sull’Esecutivo
si passa a quello massimo se davvero anche il gruppo Ala debutterà con
il suo primo voto di fiducia al Governo Renzi. Dunque, un allargamento
verso la destra che era berlusconiana e che non si sa fino a che punto
potrà cambiare la stessa maggioranza.
Una novità politica non da
poco soprattutto se si ricordano le risposte che fino a qualche
settimana fa davano i renziani: cioè che Verdini e i suoi avevano votato
singoli provvedimenti ma non erano in maggioranza perché non votavano
la fiducia. Domani, giorno del voto a Palazzo Madama, questa risposta
non terrà più. Si sarà rotto un argine. È vero che i voti di Alfano non
bastano soprattutto perché non ci sono tutti. È vero che sacrificare il
Governo o le unioni civili avrebbe un prezzo più alto che includere
Verdini ma la dura regola dei numeri comporta anche delle conseguenze
politiche che il premier non potrà far finta di non vedere. E
soprattutto il Pd, nella sua componente di minoranza, addebiterà al
premier.
Una necessità, dicono i fedelissimi di Renzi, pur di
avere una legge che mette l’Italia al passo con i diritti estesi alle
coppie omosessuali. Ed è un argomento che tiene. Ma che ne sarà di
questa maggioranza che si allarga? E quale sarà il ruolo, a questo punto
crescente, di Denis Verdini nella tenuta dell’Esecutivo?
Questa è
la domanda. Perché il polmone di voti dell’ex fedelissimo di Berlusconi
non solo diventa determinante ma arriva a sostituire pezzi della
maggioranza di volta in volta e di legge in legge. È successo con la
riforma costituzionale e succederà con le unioni civili sia pure
stralciate della norma sulle adozioni del figliastro. È successo con la
minoranza dissenziente del Pd e succede con il partito di Alfano. Un
aiuto non si sa ancora quanto gratuito dal punto di vista politico. E un
paradosso.
Perché oggi ad aiutare il Pd nella realizzazione di
uno dei suoi punti del programma è un’area di berlusconiani ma senza il
Cavaliere. Si dirà che anche ai tempi del Governo Letta c’era Verdini
che votava ma adesso qualche differenza c’è. Innanzitutto perché dopo
l’abbandono di Berlusconi lo strappo lo fece solo Alfano creando un
nuovo gruppo mentre Verdini è arrivato dopo e in un'ottica di soccorso
politico a Renzi. E dunque un ruolo funzionale che di certo troverà i
suoi scambi e le sue trattative in forme parlamentari o extra
parlamentari magari nella configurazione della lista che un domani
sosterrà Renzi alle elezioni. Non è un punto da poco nella fisionomia
che prenderà il Pd disegnato da un’eventuale vittoria del premier alle
prossime primarie.
E c’è un fatto piuttosto singolare. Che mentre
al Senato Verdini potrebbe votare la fiducia al Governo e dunque far
parte della maggioranza con il Pd, alla Camera lo schema cambia. Ed è
curioso che cambi proprio su un disegno di legge che riguarda il
conflitto di interessi e che si è discusso ieri in Aula. Come racconta
il presidente della commissione Affari Costituzionali di Scelta Civica,
Andrea Mazziotti, su quel Ddl c’è il ricongiungimento dei pezzi sparsi
del Pdl. Cioè Forza Italia e il gruppo di Verdini hanno presentato
emendamenti simili e tendenzialmente soppressivi. E molto simili sono
anche quelli presentati da Ncd. Unioni al Senato e “riunioni” alla
Camera.