lunedì 22 febbraio 2016

La Stampa 22.2.16
La scuola “slow” insegna la sconfitta
Nascono migliaia di progetti per imparare a saper perdere
Così diminuiscono bullismo e dispersione scolastica
E al Miur puntano sugli scacchi per elaborare i fallimenti
di Flavia Amabile

Ci hanno sempre detto che a scuola bisogna essere bravi. Meglio ancora se si riesce ad essere i primi della classe. E se invece a scuola si andasse anche per imparare a perdere e per capire che le sconfitte non sono poi un problema così grave? Negli istituti italiani accanto al mito dell’eccellenza si sta facendo strada da alcuni anni un altro tipo di scuola, più slow: la parola «perdere» si spoglia di ogni significato negativo e si insegna a bambini e adolescenti che non riescono a rientrare nella categoria dei migliori come accettare i propri limiti e come trasformarli in qualcosa di positivo.
È una filosofia necessaria in una società sempre più competitiva ma sempre meno abituata a combattere, dove sono in aumento i fenomeni di bullismo e di scuolafobia, le conseguenze più esasperate dell’incapacità degli studenti di venire a patti con la propria sconfitta.
I progetti
«Ci sono migliaia di progetti presentati solo quest’anno da tutte le scuole - spiega Mario Rusconi, presidente della sezione romana dell’Associazione nazionale presidi - Solo una minima parte otterrà i finanziamenti necessari dal Miur per poter partire ma la cifra rappresenta una spia di un problema che esiste ed è profondo».
Sono centinaia in tutt’Italia però i progetti già accettati, finanziati e partiti. A Roma la media Borsi ha fatto della scuola slow una bandiera. Il loro progetto è attivo da un anno ed è triennale, si intitola «Custodi dei semi» ed è tutto un inno alla lentezza e alla capacità di saper perdere. «In una società basata sul successo, sul guadagno e sul vincere abbiamo mai riflettuto sull’importanza e sul valore pedagogico del perdere?», spiega il progetto. E, quindi, si perde tempo «per darsi tempo». Oppure all’istituto Leopardi di Potenza Picena in provincia di Macerata che per i suoi alunni delle elementari ha organizzato per 4 mesi un progetto inequivocabile: «La scuola fa sport e insegna a saper perdere». L’obiettivo, spiegano i formatori nella scheda, è di «comprendere l’importanza di partecipare, ma anche «saper accettare la sconfitta» e alla fine precisano che il progetto avrà funzionato «se tutti gli allievi si saranno impegnati e nelle varie gare disputate avranno dimostrato di saper perdere».
La filosofia
Anche al ministero dell’Istruzione hanno capito da tempo l’importanza di saper gestire le sconfitte. «Abbiamo modificato il modello di tutte le gare - spiega Giuseppe Pierri, dirigente della direzione generale per lo studente del Miur - Prima l’accento era sulla competizione, ora sulla partecipazione di tutti. Nelle scuole medie e superiori dove la competizione è più forte abbiamo previsto l’obbligo di formare gruppi che comprendano l’intera classe e introdotto il premio del Fair Play che viene assegnato a chi, indipendentemente dai punti e dai risultati ottenuti, ha partecipato nel pieno rispetto delle regole». Oppure con lo sbarco del gioco degli scacchi in 350 scuole medie dallo scorso autunno proprio per imparare a «saper perdere».
«Così - racconta Mario Rusconi - si sta combattendo il bullismo e la dispersione scolastica. Spesso i bulli sono solo persone che non hanno stima di se stessi, che non amano le sconfitte. E chi non va a scuola a volte non riesce ad accettare momentaneamente la sua situazione di supposta inferiorità scolastica».
Da perdenti a leader
I metodi utilizzati fanno perno sulla simulazione e rotazione dei ruoli con lezioni di gruppo in cui gli studenti leader assumono il ruolo di perdenti e i perdenti si trasformano in leader. Oppure si usano le narrazioni autobiografiche come punto di partenza per racconti in classe, temi, conversazioni con gli insegnanti destinate a far emergere difficoltà, competizioni, problemi nelle relazioni. «E alla fine funziona», assicura Rusconi. E imparare a perdere diventa una vittoria.