La Stampa 22.2.16
Sanders è un ricordo
Hillary affila le armi per la Casa Bianca
Teme Rubio e ritiene di poter battere il magnate
di Paolo Mastrolilli
Hillary
Clinton già pensa alla sfida di novembre con Donald Trump, che
preferirebbe a Marco Rubio come avversario repubblicano. Bernie Sanders
però non molla, e dando per scontata la sconfitta nelle primarie di
domenica prossima in South Carolina, si sta concentrando sugli Stati che
potrebbe vincere nel «Super Tuesday» del primo marzo, per cercare di
resuscitare la sua campagna insurrezionale ferita dalla sconfitta in
Nevada.
La versione di Hillary è molto ottimista. Qualche
settimana fa pensava di stravincere in Nevada, soprattutto grazie al
voto ispanico. Poi era scivolata nei sondaggi, al punto di temere
un’altra sorpresa di Bernie. Quindi la sua macchina elettorale ha
accelerato, portando ai caucus soprattutto i membri dei sindacati dei
casinò di Las Vegas. Così ha vinto e ha fermato la cavalcata di Sanders,
Tradita dagli ispanici
Gli
ispanici l’hanno tradita, perché secondo gli exit poll che lei
contesta, hanno votato in maggioranza per Bernie. Questo è un problema
che dovrà risolvere, prima delle elezioni in Stati dove i latini sono il
gruppo dominante, dal Texas alla stessa California. Tra gli afro
americani però ha stravinto, con un vantaggio del 50% su Sanders, e
questo è quello che ora conta di più. Domenica infatti si vota in South
Carolina, dove i neri sono la metà degli elettori democratici, quindi la
sua vittoria sembra scontata. Poi si passerà al Super Tuesday, dove
andranno alle urne Alabama, Georgia, Arkansas, Virginia, tutti Stati
dove gli afro-americani dovrebbero fare la differenza a favore di
Hillary. Se lei vincerà, magari conquistando anche il Texas con l’aiuto
degli ispanici, la sua nomination tornerà ad apparire scontata. David
Plouffe, guru elettorale di Obama che ora sostiene la Clinton, la mette
così: «Non esiste un percorso matematico che consenta a Sanders di
vincere abbastanza stati grandi, per avere la maggioranza dei delegati».
Occhi puntati su novembre
Per
questo i consiglieri di Hillary non lo dicono, ma hanno già gli occhi
puntati su novembre. I successi di Trump li fanno sorridere, perché lo
ritengono il candidato più facile da battere. non sono l’elettorato di
Donald. Se lui fosse il candidato, è difficile prevedere fino a che
punto l’establishment si spingerebbe a sostenerlo, e un Partito
repubblicano diviso aprirebbe la porta alla vittoria di Clinton. Più
pericoloso è Rubio, per almeno quattro motivi: unirebbe il Gop
riportandolo verso il centro, ha talento, parlerebbe agli ispanici, e
quasi certamente potrebbe vincere l’importante stato della Florida.
La
versione di Bernie comincia a sembrare più disperata. Lui dice che in
Nevada Hillary doveva stravincere, e invece ha ottenuto solo 700 voti in
più di lui. È stata più brava a reclutare i sindacalisti dei casinò, ma
se solo i caucus non si fossero svolti di sabato, forse la comunità
ebraica che è rimasta a casa per dovere religioso avrebbe fatto la
differenza a favore di Sanders.
L’altro dato a cui si aggrappa
Bernie è il risultato tra gli ispanici: nemmeno lui si aspettava di
vincere in questo gruppo, e ciò lo incoraggia in vista delle primarie in
altri stati dove i latini sono dominanti. Ora dà per scontata la
sconfitta in South Carolina, dove i neri consegneranno la vittoria a
Hillary, ma spera di risollevarsi nel Super Tuesday, dove pensa di poter
vincere in Colorado, Massachusetts, Minnesota, Oklahoma e Vermont, e di
essere competitivo anche in Texas. Sanders è infuriato con la Clinton,
perché pensa che gli stia rubando l’agenda: «Si è spostata a sinistra -
dicono i suoi - per vincere le primarie, ma è solo un bluff che finirà
quando avrà la nomination».