La Stampa 21.2.16
In Libia 118 obiettivi Isis da colpire
I
raid Usa a Sabrata hanno aperto l’offensiva della coalizione
internazionale nel Paese I siti da distruggere scelti al vertice di
Roma. Ma per l’intervento di terra serve un governo
di Guido Ruotolo
Venerdì
mattina, con i raid aerei americani su Sabrata, la coalizione
internazionale anti-Isis ha ufficialmente aperto le ostilità in Libia.
In questa prima fase, l’offensiva vedrà la coalizione internazionale
bombardare le postazioni jihadiste.
Per giustificare i raid, che
si moltiplicheranno a partire dai prossimi giorni, il ragionamento degli
alleati è chiaro: «Se c’è una minaccia concreta, questa viene
neutralizzata».
Sono 118 le «minacce concrete», gli «obiettivi» da
«neutralizzare». Sono stati mostrati durante l’ultimo vertice di Roma
al quale hanno partecipato i Paesi della coalizione. E tutti i
partecipanti hanno condiviso la strategia militare proposta.
Per
l’operazione di venerdì sarebbe stata utilizzata una base aerea in
Inghilterra. E forze alleate avrebbero provveduto alla copertura e al
rifornimento di carburante degli F15E dell’aeronautica militare Usa.
Ufficialmente
queste operazioni non sarebbero autorizzate dai libici, anche perchè
ancora non si è insediato il nuovo governo, ma, secondo indiscrezioni,
gli stessi libici avrebbero fatto capire di condividere informalmente i
raid.
L’offensiva su Sirte
Sono dunque 118 gli insediamenti
jihadisti presenti dalla Cirenaica al Fezzan e alla Tripolitania da
colpire. L’obiettivo più importante è sicuramente Sirte, ed è probabile
che per neutralizzarlo occorrerà anche programmare un intervento di
terra affidato alle milizie libiche, con un supporto tecnico delle forze
alleate.
Ma questo dipenderà dal via libera del governo la cui
lista dei ministri deve essere ratificata dal Parlamento di Tobruk.
Proprio l’altra sera è arrivato a Tobruk il presidente incaricato Fayez
el Sarraj. Ma per lui la strada è tutta in salita.
Ieri il
dibattito parlamentare è stato molto aspro. Diversi interventi hanno
posto sotto accusa il Consiglio presidenziale e autorevoli membri dello
stesso Consiglio hanno polemizzato sulle scelte politiche dello stesso,
rendendo chiara la spaccatura politica al suo interno.
Caute, anzi
pessimistiche, le previsioni sull’esito del voto parlamentare, previsto
per lunedì o martedì, per la ratifica del governo. Tuttavia, anche se
dovesse avere la maggioranza, il governo (e lo stesso Consiglio
presidenziale) non potrà andare a Tripoli (dopo aver incontrato il
generale Haftar) e dunque non riuscirà a governare la Libia.
Forse
è proprio la consapevolezza che i tempi per varare un governo di
pacificazione nazionale si allungano sempre di più che ha spinto la
coalizione internazionale a entrare in azione. Il presidente della
Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato per giovedì prossimo il
Consiglio Supremo della Difesa con all’ordine del giorno l’esame della
situazione internazionale, e un capitolo sarà dedicato proprio alla
Libia.
Stati Uniti in pressing
L’opinione pubblica Usa preme
sull’amministrazione Obama per un intervento. Ma questa volta la
coalizione internazionale vuole impedire di ritrovarsi una nuova Somalia
a 400 chilometri dall’Italia. Ieri, inoltre, il giornale tedesco «Bild»
ha fatto sapere che a Tripoli ci sono circa 150 mila profughi pronti a
imbarcarsi per l’Ue.
I jihadisti tunisini rimasti uccisi l’altro
giorno poco fuori Sabrata erano almeno trenta. Trenta soldati dell’Isis
rientrati dalla Siria e pronti anche a partire per attacchi terroristici
in Europa o nella vicina Tunisia. Da venerdì, dopo la Siria, si è
aperto ufficialmente il «fronte» libico.