La Stampa 1.2.16
“Molti lavorano in nero”
In Italia uno su due fa perdere le sue tracce
L’Unhcr: mandati dalle famiglie per spedire soldi a casa
Le bambine nigeriane a rischio sfruttamento sessuale
di Guido Ruotolo
Partiamo
dai numeri, che sono l’unico punto fermo nell’Odissea dei minori non
accompagnati che arrivano in Italia, seguendo le rotte dei clandestini.
Nel 2015, secondo i dati forniti dall’Unhcr, dall’Alto commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati, dei 150.000 migranti arrivati nel
nostro Paese, 12.360 erano i minori non accompagnati. Un numero in
flessione rispetto al 2014, quando ne arrivarono 13.026. Ben il 65% dei
minori non accompagnati sono egiziani.
Spesso, sostiene Carlotta
Sami, portavoce dell’Unhcr, sono «numeri senza identità», minori che
hanno rifiutato il fotosegnalamento e che sono stati solo censiti come
numeri. «La criminalità che incontrano questi minori è prevalentemente
economica – spiega Carlotta Sami – che li sfrutta nel mercato del lavoro
nero. È residuale ed etnica la criminalità che costringe le ragazze
minori non accompagnate alla prostituzione».
Molti dei minori non
accompagnati sbarcati in Italia, come del resto gli «adulti», con il
passare del tempo sono diventati irreperibili. Sono scomparsi, si sono
dileguati, hanno lasciato i centri di accoglienza che li ospitavano. Per
raggiungere la Svezia o la Germania. Per ritrovare parenti e comunità.
Per finire nelle braccia di sfruttatori.
Simona Fernandez è la
responsabile del Centro Salam di Taranto, che gestisce il centro di
accoglienza per minori: «Degli 850 minori affidati al centro tra il 2014
e il 2015, ne sono scomparsi 407. Naturalmente abbiamo sporto denuncia
per il loro allontanamento».
Sia dal Dipartimento Immigrazione del
Viminale che dall’Unhcr come dalla stessa Simona Fernandez l’analisi
sul fenomeno è convergente: «Gran parte dei minori - è la sintesi di
questa analisi - si allontana spontaneamente dai centri per raggiungere
mete stabilite in partenza. Si tratta di parenti o di Paesi. Il
Nord-Europa per i migranti del Corno d’Africa. Lo sarebbe anche per i
siriani, come accadde nel 2014, ma quest’anno invece hanno scelto la
rotta balcanica per sfuggire all’Isis e ad Assad».
C’è un’altra
riflessione sulla quale convergono le diverse fonti: «Spesso i minori
rappresentano l’investimento di una famiglia ma anche di una comunità
che finanzia il viaggio, spedisce i documenti, si cura che il minore
raggiunga un determinato Paese o una famiglia».
Diciamo che questo
è il lato presentabile della medaglia. Perché, purtroppo, ce n’è anche
uno immondo. Racconta Simona Fernandez, del Centro Salam di Taranto: «È
vero che i minori del Corno d’Africa vogliono raggiungere il Nord Europa
ma succede anche che di notte arrivano auto con targhe strane nei
pressi dei centri, delle case-famiglia e le minori nigeriane scompaiono.
Ragazze che arrivano già incinte a 14 anni e alcune di loro risultano
anche positive al test sull’Hiv. Appena arrivano chiedono di telefonare.
Non alla madre o a un familiare. Ma a una “maman”, che è l’interfaccia
della organizzazione mafiosa nigeriana. E partono magari per Verona o
Padova dove, dicono le stesse minori, “ci aspettano”. Per quelle ragazze
che non hanno 16 anni la prospettiva di vita è una strada, è la
prostituzione».
Simona Fernandez prende fiato: «L’età dei minori
non accompagnati del Corno d’Africa oscilla tra i 6 e i 17 anni mentre
il blocco degli egiziani è soprattutto formato da ragazzi tra i 16 e 17
anni, ed è forza lavoro che viene impiegata nei mercati ortofrutticoli
del Nord o nella ristorazione».