La Stampa 1.2.16
Il cardinale Scola
“Sì a una festa islamica in tutte le scuole”
di Giacomo Galeazzi
Nel
nome del dialogo. Il cardinale Angelo Scola chiede di «istituire una
festa islamica in tutte le scuole» perché «il 20% degli alunni ormai è
di origine straniera e ciascuno ha diritto di raccontarsi». In occasione
della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti,
l’arcivescovo di Milano ha proposto ieri di «integrare le feste
musulmane con quelle cristiane» e ha esortato a «non rinunciare ai
propri simboli, ma a includere anche quelli degli altri». Sì, quindi, al
presepe nelle scuole ma, se aumentano i bimbi musulmani, «occorre
includere le loro ricorrenze nella dimensione pubblica». Favorevole alla
proposta il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni.
«È giusto a
patto che si rispettino alcune condizioni- spiega-.Bisogna verificare se
è una richiesta che viene dal mondo islamico. Nell’esperienza ebraica
noi abbiamo messo tre punti: non abbiamo mai chiesto di fare feste, non
abbiamo nulla in contrario che le facciano gli altri purché nessuno sia
obbligato a parteciparvi e bisogna garantire il diritto di rispettare le
feste a cominciare dal sabato». Quindi, «se vengono garantite queste
condizioni, l’iniziativa di Scola rappresenta un’opportunità, non solo
per l’islam ma per tutti». Contrario invece lo storico cattolico Roberto
de Mattei. «Il cardinale arriva in ritardo rispetto alle ricette
multiculturali già fallite nei paesi del Nord Europa- spiega-. Si tratta
di una proposta che esprime la subordinazione culturale a una certa
mitologia che è stata messa in discussione e superata proprio in quelle
nazioni che l’avevano promossa». Peraltro, aggiunge lo storico, «la
tradizione cattolica è multietnica: in un convento di suore ci sono
diverse nazionalità e razze ma una visione del mondo comune, mentre
nella proposta di Scola accade il contrario». E ciò, precisa de Mattei,
«scardina il principio di non contraddizione perché non si può integrare
ciò che per definizione non è integrabile e cioè l’islam». Infatti
«identità culturali diverse possono trovare modalità di convivenza, ma
non possono essere integrate in forme sincretiste come sono quelle
proposte dall’arcivescovo di Milano»poiché «nell’odierna fase di
conflitto l’identità più forte si afferma sulla più debole». Così
«l’identità culturale destinata a soccombere è quella cattolica».