venerdì 19 febbraio 2016

La Stampa 19.2.15
“Chi pensa solo a fare muri non è cristiano”
Francesco scomunica Trump
Evangelici contro cattolici
L’America riscopre l’antica ferita
La disputa tocca il complicato rapporto tra le due comunità E potrebbe influenzare l’esito delle presidenziali di novembre
di Paolo Mastrolilli

Lo scontro fra Donald Trump e Francesco, sul muro che il candidato presidenziale repubblicano vorrebbe costruire al confine con il Messico per bloccare gli immigrati illegali, rischia di avere un impatto che va oltre le stesse elezioni presidenziali americane, e tocca il complicato rapporto storico fra protestanti e cattolici negli Stati Uniti. «Il Papa - dice il filosofo cattolico Michael Novak - ha acceso un fiammifero dentro un pagliaio. La reazione di Trump è stata stupida, come spesso accade, ma le conseguenze ora diventano imprevedibili».
Durante il viaggio negli Stati Uniti del settembre scorso, Francesco aveva ricevuto un’accoglienza molto positiva, ma era stato preceduto dal sospetto che fosse più vicino all’anima liberal del paese. La critica delle idee di Trump conferma questo sospetto, e nel pieno della campagna elettorale rischia di provocare due spaccature: una fra i cattolici liberal e quelli conservatori, e l’altra fra i cattolici che si schierano con lui e i protestanti che invece scelgono Donald.
«Sul piano teologico - commenta Novak - il Papa ha ragione: i cristiani devono costruire ponti, come dice lo stesso nome con cui chiamiamo il pontefice. Io sono figlio di immigrati, e l’America deve continuare ad accoglierli. Il problema che abbiamo oggi, però, è quello del processo legale con cui arrivano». Novak spiega così la questione: «Gli Stati Uniti continuano ad essere il paese che riceve più stranieri, circa un milione all’anno. Per fare un esempio che aiuta a capire, negli ultimi cinque anni abbiamo accolto grosso modo l’intera popolazione della Svizzera. Quindi su questo fronte eravamo e restiamo più aperti dell’Europa, che non assimila i propri immigrati e sta reagendo con molta veemenza all’arrivo dei profughi dalla guerra. Il problema però è la distinzione fra legali e illegali, e forse su questo il Papa non è stato abbastanza informato». Novak ritiene che «la grande maggioranza degli americani sia favorevole alle costruzione del muro lungo il confine col Messico, non per respingere gli immigrati, per ma gestire il loro flusso, anche per ragioni di sicurezza. Da questo punto di vista, la maggior parte delle persone si schiererà con Trump».
L’impatto sulle elezioni può variare. «In South Carolina, dove si vota domani, non ci sono molti cattolici, e quindi le critiche del Papa non avranno un grande effetto negativo su Trump. Il discorso a livello nazionale può essere diverso, perché ormai gli oltre sessanta milioni di cattolici sono quasi ugualmente presenti nel Partito repubblicano e in quello democratico. In South Carolina, però, ci sono molti evangelici, e anche molti anti papisti legati ad un’antica corrente storica negli Stati Uniti. Questo può avere un effetto imprevedibile sulle relazioni fra le due comunità».
L’America ha avuto un solo presidente cattolico, John Kennedy, e quando si era candidato aveva dovuto rispondere ai sospetti che una volta entrato alla Casa Bianca avrebbe preso ordini dal papa. Gli stessi dubbi erano stati avanzati contro John Kerry, solo dodici anni fa. «Trump - spiega Novak - non viene preso seriamente come persona religiosa, e il fatto di professarsi cristiano presbiteriano non è certamente la sua forza. Però il pubblico potrebbe interpretare questa disputa come una ripresa dell’annoso confronto fra cattolici e protestanti negli Usa. Abbiamo lavorato moltissimo, negli ultimi vent’anni, per sanare le antiche ferite e riavvicinare la due comunità. L’effetto che ora avrà questo episodio sul dialogo ecumenico è imprevedibile».
Novak non condona la reazione di Trump: «Quando l’Isis attaccherà il Vaticano? Ma cosa ne sa Trump? La sua linea per combattere lo Stato islamico è vaga come tutto il resto del programma. La sua risposta è stata stupida, come quasi tutte le cose che dice». Però il suo sostenitore Jerry Falwell, figlio del reverendo battista che inventando la «Moral Majority» aveva aiutato Ronald Reagan a conquistare la Casa Bianca, ha subito difeso Donald dicendo che non sta al papa giudicare la sua cristianità. Persino Jeb Bush, cattolico e nemico di Trump, si è trovato in imbarazzo: «La fede - ha detto - è una questione personale fra ciascun essere umano e Dio». «Io - conclude Novak - non sono nessuno per dare consigli al papa, ma negli Stati Uniti è in corso un’elezione molto delicata, e bisognerebbe evitare commenti estemporanei».