La Stampa 19.2.15
“Chi pensa solo a fare muri non è cristiano”
Francesco scomunica Trump
Evangelici contro cattolici
L’America riscopre l’antica ferita
La disputa tocca il complicato rapporto tra le due comunità E potrebbe influenzare l’esito delle presidenziali di novembre
di Paolo Mastrolilli
Lo
scontro fra Donald Trump e Francesco, sul muro che il candidato
presidenziale repubblicano vorrebbe costruire al confine con il Messico
per bloccare gli immigrati illegali, rischia di avere un impatto che va
oltre le stesse elezioni presidenziali americane, e tocca il complicato
rapporto storico fra protestanti e cattolici negli Stati Uniti. «Il Papa
- dice il filosofo cattolico Michael Novak - ha acceso un fiammifero
dentro un pagliaio. La reazione di Trump è stata stupida, come spesso
accade, ma le conseguenze ora diventano imprevedibili».
Durante il
viaggio negli Stati Uniti del settembre scorso, Francesco aveva
ricevuto un’accoglienza molto positiva, ma era stato preceduto dal
sospetto che fosse più vicino all’anima liberal del paese. La critica
delle idee di Trump conferma questo sospetto, e nel pieno della campagna
elettorale rischia di provocare due spaccature: una fra i cattolici
liberal e quelli conservatori, e l’altra fra i cattolici che si
schierano con lui e i protestanti che invece scelgono Donald.
«Sul
piano teologico - commenta Novak - il Papa ha ragione: i cristiani
devono costruire ponti, come dice lo stesso nome con cui chiamiamo il
pontefice. Io sono figlio di immigrati, e l’America deve continuare ad
accoglierli. Il problema che abbiamo oggi, però, è quello del processo
legale con cui arrivano». Novak spiega così la questione: «Gli Stati
Uniti continuano ad essere il paese che riceve più stranieri, circa un
milione all’anno. Per fare un esempio che aiuta a capire, negli ultimi
cinque anni abbiamo accolto grosso modo l’intera popolazione della
Svizzera. Quindi su questo fronte eravamo e restiamo più aperti
dell’Europa, che non assimila i propri immigrati e sta reagendo con
molta veemenza all’arrivo dei profughi dalla guerra. Il problema però è
la distinzione fra legali e illegali, e forse su questo il Papa non è
stato abbastanza informato». Novak ritiene che «la grande maggioranza
degli americani sia favorevole alle costruzione del muro lungo il
confine col Messico, non per respingere gli immigrati, per ma gestire il
loro flusso, anche per ragioni di sicurezza. Da questo punto di vista,
la maggior parte delle persone si schiererà con Trump».
L’impatto
sulle elezioni può variare. «In South Carolina, dove si vota domani, non
ci sono molti cattolici, e quindi le critiche del Papa non avranno un
grande effetto negativo su Trump. Il discorso a livello nazionale può
essere diverso, perché ormai gli oltre sessanta milioni di cattolici
sono quasi ugualmente presenti nel Partito repubblicano e in quello
democratico. In South Carolina, però, ci sono molti evangelici, e anche
molti anti papisti legati ad un’antica corrente storica negli Stati
Uniti. Questo può avere un effetto imprevedibile sulle relazioni fra le
due comunità».
L’America ha avuto un solo presidente cattolico,
John Kennedy, e quando si era candidato aveva dovuto rispondere ai
sospetti che una volta entrato alla Casa Bianca avrebbe preso ordini dal
papa. Gli stessi dubbi erano stati avanzati contro John Kerry, solo
dodici anni fa. «Trump - spiega Novak - non viene preso seriamente come
persona religiosa, e il fatto di professarsi cristiano presbiteriano non
è certamente la sua forza. Però il pubblico potrebbe interpretare
questa disputa come una ripresa dell’annoso confronto fra cattolici e
protestanti negli Usa. Abbiamo lavorato moltissimo, negli ultimi
vent’anni, per sanare le antiche ferite e riavvicinare la due comunità.
L’effetto che ora avrà questo episodio sul dialogo ecumenico è
imprevedibile».
Novak non condona la reazione di Trump: «Quando
l’Isis attaccherà il Vaticano? Ma cosa ne sa Trump? La sua linea per
combattere lo Stato islamico è vaga come tutto il resto del programma.
La sua risposta è stata stupida, come quasi tutte le cose che dice».
Però il suo sostenitore Jerry Falwell, figlio del reverendo battista che
inventando la «Moral Majority» aveva aiutato Ronald Reagan a
conquistare la Casa Bianca, ha subito difeso Donald dicendo che non sta
al papa giudicare la sua cristianità. Persino Jeb Bush, cattolico e
nemico di Trump, si è trovato in imbarazzo: «La fede - ha detto - è una
questione personale fra ciascun essere umano e Dio». «Io - conclude
Novak - non sono nessuno per dare consigli al papa, ma negli Stati Uniti
è in corso un’elezione molto delicata, e bisognerebbe evitare commenti
estemporanei».