La Stampa 13.2.16
Referendum, anche il M5S chiede che il Colle intervenga per accorpare il voto
“Spreco di soldi, solo per minare il quorum”
di Roberto Giovannini
Ieri
Sinistra Italiana e Possibile, oggi il Movimento Cinque Stelle: tutti a
chiedere un intervento al Presidente Sergio Mattarella sul
referendum-trivelle. «Fissare il referendum contro le trivellazioni
lungo le nostre coste al 17 aprile è una follia - dicono i parlamentari
M5S - serve un election day per garantire il quorum e anche per
risparmiare 300 milioni di euro di soldi dei cittadini». Analoga lettera
è stata mandata da Arci, Coordinamento NO TRIV, Fai, Fiom-Cgil,
Fondazione UniVerde, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Pro-natura,
Touring Club Italiano e WWF.
Non è un segreto per nessuno che il
governo non abbia nessuna intenzione di aiutare il referendum, che
propone di abrogare la norma che stabilisce che le concessioni
petrolifere o per l’estrazione di gas già rilasciate durino fino
all’esaurimento dei giacimenti. Una vittoria dei “sì” darebbe un gran
«dispiacere» all’industria del settore. Secondo i sondaggi la
maggioranza degli italiani (i pochi informati sul quesito) voterebbe
«sì». Ma senza election day sarà dura mandare alle urne il 50% più uno
degli italiani. Un problema è che quest’anno le spese per lo svolgimento
di votazioni saranno ingenti, e risparmiare sarebbe utile: il 17 aprile
il referendum sulle trivelle, il 15 e il 29 maggio le amministrative,
in autunno il referendum costituzionale. L’Esecutivo ha comunque deciso
di trincerarsi dietro motivazioni molto «fredde». Per l’election day
servirebbe una legge di armonizzazione, ha detto il ministro
dell’Interno Angelino Alfano: per i referendum sono previsti tre
scrutatori per seggio e quattro alle amministrative, e la ripartizione
dei costi sui Comuni non è omogenea per referendum e amministrative.
L’ultima
parola spetta a Sergio Mattarella. In base alla legge l’indicazione
della data spetta al governo, e il Capo dello Stato potrebbe negare la
firma solo se giudicasse il provvedimento contrario alla Costituzione.
Il Colle però potrebbe intervenire in via informale, e chiedere al
governo di rivedere la sua posizione. Nel 2011 – sempre per “sabotare”,
peraltro non riuscendoci, i referendum su nucleare e acqua pubblica – il
governo Berlusconi decise di evitare l’election day; ma nel 2009
referendum elettorali e amministrative vennero accorpati.
E c’è un
altro argomento che i «No Triv» sottopongono a Mattarella: la Corte
Costituzionale potrebbe infatti far «risuscitare» altri due quesiti
sulle trivellazioni, stoppati dalla Cassazione che li ha ritenuti
superati dopo un emendamento governativo alla legge di Stabilità. Sei
Regioni hanno infatti già chiesto alla Consulta di giudicare su un
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato: Cassazione, Camere e
governo, dicono, sarebbero andate oltre il confine dei loro poteri. Se
la Corte Costituzionale desse ragione alle Regioni si dovrebbe andare a
votare per altri due referendum sulle trivelle. La faccenda però sarà
lunga: il 9 marzo i giudici della Consulta decideranno se la richiesta è
o meno ammissibile, ma un eventuale giudizio di merito arriverebbe solo
intorno a novembre.