La Stampa 12.2.16
La gravità non fa quasi rumore
di Massimo Cerdonio
La
gravitazione universale di Newton proponeva un’azione istantanea a
distanza, che ha ben giustificato il moto dei pianeti così come il
nostro peso sulla Terra. Ma il fatto che nulla potesse propagarsi più
velocemente della luce ha reso necessaria una teoria che la superasse e
il genio di Einsten l’ha proposta - superando la teoria di Newton, ma
contenendola come prima approssimazione - e ci dice che l’azione
gravitazionale si propaga a velocità della luce: onde gravitazionali
devono propagarla fra masse in moto relativo accelerato (un po’ come le
onde elettromagnetiche - la luce - propagano interazioni tra cariche
elettriche).
La Relatività Generale è la teoria della gravitazione
ed è entrata nella nostra quotidianità: il Gps non funzionerebbe se non
fosse costruito secondo i suoi dettami. Su scala del cosmo la gravità è
il vero motore: dall’espansione dell’Universo alla formazione delle
galassie e all’evoluzione delle stelle, che porta alla formazione di
pianeti come il nostro, e quindi al nostro essere qui, la gravità ha il
ruolo determinate. Noi, finora, siamo stati sordi ai messaggi che i moti
di massa nel cosmo ci inviano e non abbiamo potuto studiare i
rivolgimenti in atto, altro che osservando gli effetti, per così dire
secondari, trasmessi da onde elettromagnetiche, raggi gamma e raggi X,
luce visibile, microonde, onde radio. Ma che esistano è cosa acquisita.
Negli Anni 80 Hulse e Taylor - Nobel per questo - studiarono come
«spiralizzavano» l’una sull’altra una coppia di stelle di neutroni (di
cui una è una pulsar), raggiungendo la conclusione che perdevano energia
a causa di un meccanismo che non poteva essere altro che l’emissione di
onde gravitazionali.
Costruire strumenti che forniscano una
rivelazione «diretta», nel senso che si possano studiare tante diverse
sorgenti, cioè far nascere una nuova astronomia delle onde
gravitazionali, è stato uno sforzo di creatività in fisica e tecnologia
durato mezzo secolo. Restiamo alla sforzo più recente - sviluppatosi
dagli Anni 90 - in quanto ha portato alla «prima rivelazione». L’idea è
semplice, ma realizzarla è stato uno sforzo da giganti. L’onda
gravitazionale è generata da movimenti di masse e quindi è intuitivo
che, per converso, mette in movimento le masse che questa raggiunge. I
moti indotti possono essere «letti» scambiando tra le masse di prova
fasci di luce laser e portandoli ad interferire opportunamente, per poi
rivelare il moto relativo. L’ampiezza dell’onda gravitazionale incidente
è direttamente legata allo spostamento relativo percentuale tra le
masse di prova.
Il problema è che perfino i movimenti di massa più
violenti, come lo scontro di buchi neri e di stelle di neutroni e lo
scoppio di supernovae, inducono su masse di laboratorio dei movimenti di
ampiezza sub-atomica. In soldoni, per avere qualche possibiltà di
rivelazione a Terra, bisogna misurare spostamenti relativi - vicini al
limite quantico del principio di Heisenberg - tra specchi di qualche
decina di kg, messi a distanza di qualche km.
Questa tecnologia è
stata finora messa in atto in due fasi negli Usa e in Italia, con «Ligo»
e «Virgo», realizzato dall’Infn con il Cnrs francese. Ma nel 2020, con
una serie di nuove strutture, in Giappone e in India, avremo un
osservatorio completo: un ulteriore passo per indagare le onde
gravitazionali.