venerdì 12 febbraio 2016

La Stampa 12.2.16
“Così ho decifrato il segnale che fa la storia”
Il ”cervello in fuga” Marco Drago ha creato l’algoritmo per misurare il fenomeno
di Emanuele Perugini

È un giovane italiano il ricercatore che per primo ha osservato le onde gravitazionali. Si chiama Marco Drago, ha 33 anni. Laurea a Padova, ora lavora al centro di calcolo «Atlas» del Max Planck Institute a Hannover: qui analizza alcuni dei dati in arrivo dalle due grandi antenne di «Ligo». È questo «cervello in fuga» che ha ricevuto, lo scorso 14 settembre, la mail d’«allerta» con i dati della scoperta destinata a diventare storica. «Era poco prima di pranzo, quando ho aperto la mail che il nostro sistema invia in automatico e ho visto subito che c’era qualcosa di particolarmente interessante», racconta. Era il segnale tanto atteso e adesso Drago è tra le centinaia di ricercatori che hanno firmato il fondamentale studio pubblicato ieri su «Physical Review Letters».
Quanto è emozionato? Si rende conto che con questa scoperta rischia di vincere il prossimo Nobel per la Fisica?
«Certo. Ma presumo che il Nobel andrà ai pionieri che hanno ideato gli interferometri e iniziato il progetto di costruzione».
Come si è sentito quando ha visto i dati che potevano rivelarsi decisivi?
«Non so dire se, in quel momento, fosse più forte l’entusiasmo per la scoperta o lo scetticismo. Appena ho aperto la mail ho chiamato il mio collega Gabriele Vedovato dell’Infn di Padova. Non sapevamo bene se essere felici o se essere scettici. L’unica certezza era che stavolta eravamo di fronte a qualcosa di particolare».
La caccia alle onde gravitazionali coinvolge migliaia di ricercatori nel mondo. È stato un caso se la mail è arrivata proprio a lei?
«No. E ci tengo a precisarlo. Sono stato io, con i miei colleghi di Padova, Trento e Florida, ad aver messo a punto l’algoritmo che valuta i dati raccolti dall’interferometro e decide di inviare la mail di “alert”. In altre parole siamo stati noi a creare il sistema di allarme automatico attraverso il quale l’esperimento comunica i dati che vengono registrati dagli strumenti in tempo reale».
Come funziona il sistema?
«È molto complesso e raccoglie le misurazioni effettuate dagli strumenti. Parliamo di variazioni davvero piccole, dell’ordine del milionesimo di millimetro. È per questo che dobbiamo essere estremamente precisi. Abbiamo disegnato un algoritmo in grado di rilevare segnali consistenti con possibili onde gravitazionali nel ciclo di queste misurazioni. In questo caso l’algoritmo attiva un sistema che invia in automatico una mail a un gruppo di persone: sono loro ad avere il compito di interpretare l’anomalia riscontrata dal sistema».
Allora perchè lei e il suo collega eravate scettici?
«Temevamo di essere davanti a un semplice test: sono quelli eseguiti abitualmente per verificare lo stato di efficienza degli strumenti. Ma per fortuna non era così».
E qual è stato il ruolo dell’altro esperimento, quello che si trova vicino a Pisa, vale a dire «Virgo»?
«Per essere super-precisi avremmo dovuto poter contare anche su “Virgo”, l’osservatorio pisano. Questo, però, è in fase di potenziamento e non è ancora attivo».
Ha confidato a qualcuno il segreto di questa scoperta prima dell’annuncio ufficiale?
«Non mi è stato possibile riferire nulla, perché prima della conferenza stampa ufficiale siamo stati costretti a non dire niente a nessuno. Per i miei genitori ho fatto però una piccola eccezione e, ovviamente, sono molto orgogliosi. Non so se, davvero, se ne rendano ancora conto del tutto».
Adesso che è diventato uno dei «cervelli in fuga» più famosi del mondo ritornerebbe in Italia?
«Io vorrei tornare in Italia. Sono partito all’estero un po’ per fare esperienza e un po’ perché in Italia non mi è stata data la possibilità di rimanere all’interno del campo delle onde gravitazionali. Ma mi piacerebbe ritornare nel mio Paese».