La Stampa 12.2.16
Migranti, le due ragioni che rendono cruciale l’impegno Nato
di Stefano Stefanini
Rifugiati:
entra in scena la Nato? Forse. Per il momento l’impegno è molto
limitato: pattugliamento del Mar Egeo per contrastare trafficanti e
criminalità organizzata che lucrano sul flusso dalla Turchia verso la
Grecia. Non avrà il compito di «fermare o respingere» migranti,
collaborerà strettamente con le guardie costiere nazionali e con
l’agenzia dell’Ue, Frontex. Un’operazione di polizia marittima «in aiuto
di Grecia e Turchia», limitata per mandato e area, lascia la Nato in un
ruolo apparentemente molto secondario. E può darsi che resterà tale.
Resta il fatto che è il primo intervento dell’Alleanza nella crisi
migratoria che sta mettendo alle corde l’Europa.
Più che
meravigliarsene c’è da domandarsi perché non vi si abbia pensato prima. O
non vi si sia voluto pensarvi. La decisione, inattesa, è stata presa
dai ministri della Difesa, su richiesta di Germania, Turchia e Grecia.
Il giorno prima, come anticipato su queste colonne, il presidente
Mattarella ne aveva avuto un’anticipazione positiva alla Casa Bianca.
Per Ankara, Atene e Roma, è una boccata d’ossigeno logistico-navale, per
Angela Merkel è un piccolo salvagente politico. La Cancelliera ha
bisogno di vedere quante più risorse, e Paesi, possibili impegnate sul
fronte migranti.
La crisi dei rifugiati, in aggiunta alla
preesistente pressione migratoria, sta mettendo alla prova la tenuta
interna dell’Unione Europea e di Schengen, i rapporti con la Turchia, il
consenso delle opinioni pubbliche, i principi di solidarietà umanitaria
e diritto all’asilo. Ha anche una dimensione di sicurezza dei Paesi
europei appartenenti all’Alleanza Atlantica. E’ un problema della
Turchia non meno che dell’Ue. Continuando ad ignorarlo la Nato verrebbe
meno alla missione fondamentale di farsi carico della sicurezza dei
Paesi membri.
A favore del coinvolgimento della Nato concorrono
motivi pratici e politici. Pratici: efficienza, catena di comando e
controllo, strutture collaudate, strumenti d’intelligence sofisticati,
capacità logistiche. Il Consiglio Atlantico garantisce la direzione
politica delle operazioni; i militari dei 28 Paesi membri (e, se
necessario, dei partner) sono addestrati a lavorare insieme.
Perché
la Nato e non l’Ue? L’Ue sta parlando di una «Guardia Costiera europea»
da mesi. In ventiquattr’ore le prime tre navi dell’Alleanza saranno in
azione. La Nato è stata inventata per rispondere alle emergenze in tempo
reale; l’Ue no. Il Dna non s’improvvisa. Questo non smentisce in alcun
modo le dichiarazioni Ue che l’iniziativa della Nato non fa che
anticipare la futura forza europea. Né che due operazioni, Nato e Ue,
potranno integrarsi e cooperare, come avvenuto contro la pirateria
nell’Oceano Indiano. Ma, con la primavera in arrivo e l’ondata di civili
disperati in fuga dall’assedio di Aleppo, non c’è molto tempo da
perdere.
In secondo luogo, e qui passiamo al versante politico,
nella Nato è presente anche Ankara. Finora, sui rifugiati, la Turchia è
stata consultata, anche blandita da Ue (o da Germania), ma non coinvolta
nella gestione, mai al tavolo delle decisioni; alla Nato, sia pure nel
limitato ambito di questo intervento, Ankara è nella stanza dei bottoni.
Nulla può essere fatto senza il consenso turco.
La valenza
politica ha altri due risvolti: costringe gli americani ad occuparsi,
sia pure marginalmente, di una questione che era stata interamente
lasciata sulle spalle degli europei; mette l’Alleanza al servizio di una
sfida alla sicurezza che viene dal Mediterraneo e da Sud.
Per
l’Italia sono entrambi importanti. La Nato è giustamente impegnata nel
rafforzare la deterrenza nei confronti della Russia. Questo rassicura
gli alleati nordici e dell’Europa orientale. A loro volta i Paesi della
fascia meridionale hanno bisogno di vedere l’utilità dell’Alleanza nel
fronteggiare le minacce che li toccano da vicino. Altrimenti a cosa e a
chi serve la Nato? Sicurezza e solidarietà sono un unicum indivisibile.