La Stampa 10.2.16
Un dibattito fuori dalla Storia
di Massimo Gramellini
Da
oggi il Senato si esprime sulle unioni civili e si divide sull’adozione
del figliastro, che gli ossessionati dall’inglese chiamano stepchild
adoption. Renzi, qui in versione di sinistra, ha deciso di non
stralciarla dal disegno di legge Cirinnà, affidando la responsabilità di
una eventuale bocciatura ai cattolici intransigenti del suo partito e a
quelli del movimento Cinquestelle, cui Grillo ha lasciato libertà di
coscienza.
Il rispetto per la buona fede di chi avversa
l’adozione del figliastro è fuori discussione. Accanto agli
opportunisti, ai moralisti incoerenti e ai talebani, la piazza del
Family Day ospitava tante persone che sono sinceramente e profondamente
convinte che i figli possano crescere solo con genitori di sesso
diverso. Riconoscono che le famiglie cosiddette naturali non siano
esenti da disfunzioni in grado di dare lavoro a psicanalisti e cronisti
di nera, ma difendono il principio della loro unicità.
E in nome
di quel principio ritengono giusto vietare l’estensione di certi
diritti, cioè di certe possibilità, ad altri esseri umani.
I
fautori della conservazione parlano, però, come se il disegno di legge
in votazione al Senato plasmasse dal nulla una nuova realtà. Non è così.
La «Cirinnà», con grave ritardo rispetto al resto d’Europa, si limita a
regolare una situazione già esistente. In Italia ci sono centinaia di
creature con un solo genitore biologico che ha un compagno o una
compagna del suo stesso sesso. Cosa succederebbe se il genitore morisse e
l’adozione del figliastro da parte del partner non entrasse in vigore?
Che quei bambini e adolescenti verrebbero strappati alla famiglia che li
ha cresciuti e ributtati sulla giostra degli orfanotrofi.
Prima
di dare qualsiasi risposta è sempre utile capire quale sia la domanda. E
qui la domanda è: quei bambini vanno tutelati, sì o no? Se uno ha la
forza di dire no, ha una posizione diversa dalla mia - il che può essere
un titolo di merito - ma anche da quella della stragrande maggioranza
delle nazioni occidentali, dove l’adozione del figliastro è da tempo
un’ovvietà che non ha affatto disintegrato la famiglia tradizionale,
tanto è vero che in quei Paesi nascono molti più figli che nel nostro. E
forse nascono perché l’attenzione verso la famiglia tradizionale si
esprime in politiche fiscali e servizi sociali adeguati. Non limitandosi
a impedire ad altre famiglie di esistere.
La contrapposizione
tra guelfi e ghibellini del sesso è fuori dalla Storia e ormai anche
dalla cronaca. In una democrazia i diritti non si elidono, si
aggiungono. Concederne alle coppie gay non significa sottrarne a quelle
etero. Significa prendere atto della vita vera e delle sue diversità.
Avendo coscienza che certi processi sono ineluttabili e vanno solo
armonizzati e regolati. La macchina dei diritti civili prevede il freno,
ma non la retromarcia.