La Stampa 10.2.16
Banche italiane, la grande paura
In 40 giorni bruciati 40 miliardi
Piazza Affari è la peggiore d’Europa: perde oltre il 3% e scende ai minimi dal 2013
di Paolo Baroni
E’
vero che tutte le banche vanno male, ma quelle italiane soffrono molto
di più e di conseguenza anche la nostra Borsa fa peggio di tutte le
altre archiviando un’altra giornata da dimenticare. Dopo i 310 miliardi
di capitalizzazione andati in fumo lunedì, ieri le piazze europee ne
hanno persi altri 130 e Milano da sola ne ha bruciati 13. Dall’inizio
dell’anno Piazza Affari è dimagrita di oltre 140 miliardi: in pratica ha
perso un quarto del suo valore.
Petrolio sotto quota 28
I
timori di una nuova frenata globale dell’economia, le tensioni
geopolitiche e la crisi del petrolio (-5,9% ieri, col barile sotto quota
28 dollari), mettono sotto attacco tutti i paesi periferici dell’area
euro: ovvero noi, la Spagna e la Grecia. E in Italia, in particolare, è
il settore bancario a soffrire, con raffiche di crolli e sospensioni. A
fine giornata la conta dei danni è molto pesante: Carige segna un -10,5%
ed un nuovo minimo storico, Ubi -8,8%, Banco popolare -8,6%, Bpm -8,3%,
Unicredit -7,9. Male anche Intesa (-6,2), Mediobanca (-5,5) ed Mps (-3%
e anche in questo caso altro minimo storico toccato in corso di
giornata). Tanto per fare un raffronto, Deutsche Bank, da più parti
indicata come la «nuova Lehman Brothers», perchè i suoi guai potrebbero
anche arrivare a innescare una nuova crisi di sistema, ieri ha lasciato
sul terreno «appena» il 3,9%.
Chi soffre di più
Secondo
l’agenzia Bloomberg da inizio anno le banche italiane, esclusa
Mediobanca, hanno bruciato il 36,8% della loro capitalizzazione (contro
il -25% della media europea) e pertanto il loro valore è sceso da 109,9 a
69,5 miliardi. Il conto più salato, in termini assoluti, l’ha pagato
Intesa Sanpaolo passata da 51,6 a 37,2 miliardi (-26%), seguita da
Unicredit che ha perso 13,6 miliardi (-40%) a quota 17,1 e da Ubi (-43%,
a quota 3 miliardi). Bpm ha invece bruciato il 34% del suo valore (1,6
miliardi), Banco Popolare il 45% (2,3 miliardi) e Montepaschi il 57%
(-2,2 miliardi di euro). Se si considera che le sofferenze nette di
tutte le banche italiane ammontano a 86 miliardi, in pratica, è come se
da inizio anno i mercati avessero già scontato metà del valore dei
crediti più problematici. Altro dato su cui riflettere, anche questo
riferito sempre da Bloomberg: per effetto degli ultimi tracolli
l’insieme del titoli azionari italiani ha toccato valutazioni
paragonabili a quelli dei mercati emergenti. Le quotazioni corrispondono
a circa il 90% del valore di libro: solo le società russe sono prezzate
peggio, tutte le altre società (comprese turche, polacche e brasiliane)
fanno meglio.
Ultimi in Europa
Per Piazza Affari quello di
ieri è stato dunque un altro giorno da dimenticare: l’indice Ftse Mib ha
perso il 3,21% scendendo per la prima volta dal luglio 2013 sotto quota
16mila punti e finendo per chiudere a 15.913. Madrid ha invece perso il
2,3%, Atene il 2,8, Parigi l’1,6, Francoforte l’1,1 e Londra l'’1 per
cento.
Spread sotto tensione
Sulla scia delle banche anche
il mercato dei titoli di Stato ha sofferto e quindi pure lo spread è
rimasto in tensione. Ieri il differenziale coi titoli decennali tedeschi
è arrivato a 157 punti (nuovo massimo da luglio 2015) per poi
assestarsi a 144 punti, contro i 152 dei «bonos» spagnoli ed i mille e
più dei titoli greci.
Operatori e analisti di piazza Affari ieri
parlavano esplicitamente di «panic selling», di vendite «da panico». «Il
problema non è l’Italia, ma il mercato che è allo sbando», segnala
l’economista Cesare Vaciago. «Servono certezze e invece prevale la
delusione per quello che non fanno i governi». Detto questo, secondo
Marcello Messori, che oggi guida la Scuola di economia europea della
Luiss, non è il caso di evocare una crisi come quella che nel 2011 che
fece saltare il governo Berlusconi: «Non ci siamo, o almeno non ci siamo
ancora».