Il Sole 13.2.16
I migranti di Rosi in gara a Berlino
di Cristina Battocletti
C’è
un solo italiano in gara alla 66esima edizione del Festival del cinema
di Berlino, Gianfranco Rosi, molto pericoloso per gli altri concorrenti e
non solo per le sue indubbie qualità di regista. Il suo Fuocoammare,
oggi proiettato alla rassegna tedesca, parla di immigrazione, un
argomento spinosissimo in questo momento per la Germania e la
Cancelliera Angela Merkel, che ha messo in discussione più volte negli
ultimi mesi la sua politica di accoglienza. Rosi, che nel 2013 ha vinto
il Leone d’oro a Venezia con Sacro GRA, si è immerso per oltre un anno
nell’isola di Lampedusa, che da due decenni è approdo delle carrette del
mare cariche di clandestini. Il regista italiano, nato ad Asmara e con
passaporto statunitense – si è trasferito a New York dopo il 1985,
diplomandosi presso la New York University Film School -, stava girando
sull’isola siciliana, quando i selezionatori della Berlinale lo hanno
chiamato per partecipare al concorso. La kermesse tedesca ha sempre
dimostrato una grande sensibilità per le questioni politiche: proprio
l’anno scorso ha assegnato l’Orso d’oro al regista iraniano Jafar Panahi
per Taxi, con una chiara presa di posizione nei confronti delle
limitazioni alla libertà di espressione del regime iraniano. Oggi
l’attenzione cade su un regista di comprovate capacità, ma anche sul
tema degli sbarchi in uno dei punti nevralgici dell’esodo della
disperazione. Negli ultimi mesi la Germania ha oscillato tra il
wilkommen (benvenuti) scritto sui cartelli alla stazione e la minaccia
di Frau Merkel di sospendere da Schengen i Paesi che non controllano le
frontiere esterne dell’area (Grecia in primis). I fatti di Colonia, in
cui centinaia di donne nella notte di capodanno sono state oggetto di
violenze sessuali da parte di giovani uomini arabi hanno accentuato le
contraddizioni. Spedizioni punitive sono state organizzate dall’estrema
destra nei campi profughi e la Merkel è corsa in Turchia, promettendo 3
miliardi di aiuti a Erdogan purché trattenga chi fugge dalla Siria.
Fuocoammare
- che uscirà il 18 febbraio, distribuito da 01 distribution e Istituto
Luce-Cinecittà - ha come protagonista Samuele, un lampedusano di 12
anni, la cui normale esistenza di ragazzino, con i giochi di terra, la
fionda, la caccia, è mescolata ai fantasmi di chi cerca la salvezza in
Europa. La Storia, quella con la esse maiuscola, lambisce la sua
esistenza, proprio come il mare. Sul tappeto rosso, fresco delle
impronte dei Coen, oggi assieme al regista ci sarà anche il piccolo
protagonista Samuele Pucillo, assieme a Pietro Bartolo, uno dei medici
che prestano i primi soccorsi, e il dj, Pippo Fragapane, che hanno preso
parte alla pellicola. Rosi è abituato ai viaggi tra gli invisibili,
dove spende lunghe permanenze. Nel 1993 ha portato al Sundance, rassegna
statunitense autoriale e indie per eccellenza, Boatman, ritratti di
indigeni e viaggiatori legati al fiume Gange. Nel 2008 arriva Below the
sea level: dopo anni passati tra diseredati e homeless in una base
militare dismessa a 250 chilometri da Los Angeles e quaranta metri sotto
il livello del mare, esce una fotografia esplosiva dei figli di un Dio
minore americano, che a Venezia merita i premi “Orizzonti” e “Doc/it”.
Nel 2010 con El sicario-Room 164 Rosi riprendele confessioni (è anche
contestato, ma si aggiuca il premio Fipresci al Lido)?di un pentito del
narcotraffico americano, che non lesina uccisioni e torture. Infine
Sacro GRA, panoramica su un campionario sociologico e patologico, umano e
ambientale, che si annida sul grande raccordo anulare romano. Speriamo
che la giuria, presieduta da Meryl Streep, con la complicità della
giurata Alba Rohrwacher, si faccia trascinare dalla macchina da presa di
Rosi, abile a restituire con poesia e senza retorica l’eccezionalità
dei suoi soggetti.