Il Sole Domenica 7.2.16
Majakovskij e altri futurismi
di Andrea Kerbaker
Se
 non conoscessi personalmente Claudia Salaris, persona squisita, 
pacatissima, estremamente piacevole nell’eloquio e nei modi, giuro che 
ne avrei una certa paura. Perché non ci si può non spaventare al 
cospetto di un’autrice capace di partorire un’opera come Futurismi nel 
mondo, immenso catalogo appena pubblicato presso l’editore pistoiese Gli
 Ori. La sensazione è aggravata dal fatto che il tomo, più di 1.200 
pagine, è soltanto il secondo di una serie di sette che andranno a 
comporre il regesto totale della collezione Echaurren Salaris, una delle
 più complete al mondo, messa insieme a Roma nel corso di un 
quarantennio dalla stessa autrice in compagnia del marito, l’artista 
Pablo Echaurren.
Una volta terminata, l’opera costituirà quindi il
 più sterminato catalogo futurista mai concepito; un’impresa degna, più 
che di un singolo compilatore, di Wikipedia al gran completo. E lo si 
capisce già da questo secondo volume, che mette in scena un viaggio 
internazionale di proporzioni inedite. In rigoroso ordine alfabetico, 
dalla A di Argentina alla U di Uruguay, la Salaris esamina pubblicazioni
 di 40 paesi. Prevedibilmente la parte del leone la fanno i russi, 
rallegrati dalle tante, coloratissime pagine delle edizioni originali di
 Majakovskij; con loro i francesi, con alcuni grandi classici, come La 
prose du Transibérien di Blaise Cendrars illustrata dalla policromia di 
Sonia Delaunay. Ma la parte migliore del viaggio, capace di portarci dal
 Centro e il Sudamerica al circolo polare, passando attraverso i deserti
 egiziani e i ghiacci islandesi, è rappresentato dalle sorprese dei 
luoghi più desueti.
A tanta ampiezza geografica corrisponde una 
altrettanto notevole varietà dei materiali presi in considerazione. 
Naturalmente ci sono libri, tanti libri: in prosa o di poesie (tra le 
più singolari quelle parolibere del peruviano Alberto Hidalgo o Il 
prisma sacro del giapponese Yamamura Bocho, «una bomba per il mondo 
letterario e intellettuale»), magnificamente illustrati o solo 
irriverenti, come le prose poetiche dell’estone Albert Kivikas, che in 
limine proclama «ti sbatterò questo libro in faccia», qualche volta per 
bambini, come il delizioso Die Scheuche, 1925, impaginato con altri dal 
grande Kurt Schwitters. Ma i libri occupano solo una piccola parte delle
 schede, che, come vuole la prassi futurista, contemplano ogni sorta di 
materiale. Ecco allora, pagina dopo pagina, sfilare cataloghi di mostre 
(Depero a New York nel 1929 o gli artisti moderni italiani a Praga nel 
’21, in occasione del centenario dantesco), volantini che reclamizzano 
conferenze (quella del «Signor Marinetti» alle Doré Galleries di New 
Bond Street nel maggio del 1914), spartiti (il Caprice futuristic degli 
statunitensi Mat Malneck e Franck Signorelli, dei quali sono presenti 
anche alcuni dischi in vinile), documenti autografi e pubblicazioni in 
tirature estremamente limitate, quando non in copia unica. Naturalmente 
qua e là, quasi ad apertura di pagina, le varie versioni straniere dei 
diversi manifesti futuristi, e una serie infinita di traduzioni delle 
opere del leader máximo Filippo Tommaso Marinetti.
Di ciascuno di 
questi titoli, Futurismi nel mondo offre accuratissime schede in 
italiano e inglese, raccontando nel dettaglio ogni informazione 
desiderabile sugli autori e i singoli libri. Ne risulta un panorama 
assolutamente unico, capace di descrivere le opere di Rolf Jacobsen, 
“uno dei più illustri scrittori norvegesi” quanto quelle di Johannes 
Vares, “in arte Johannes Barbarus, poeta, medico e politico” di Tallinn.
 Chi non fosse disposto a farsi sgomentare da questa conoscenza 
illimitata può accontentarsi anche soltanto di sfogliare le pagine e 
guardare le illustrazioni a colori, spesso più esaustive delle stesse 
schede. Anche solo così, restano due impressioni di fondo. Da un lato 
appare evidente che il futurismo è stato l’unico movimento italiano 
letterario recente capace di influenzare profondamente il mondo coevo; 
saremo anacronistici e patriottici, ma la cosa non può che farci 
piacere. In subordine, ci giunge la conferma della modernità del 
fenomeno, che per l’ampiezza dei mezzi contemplati può essere 
considerato come il primo vero utilizzatore della multimedialità
Può
 forse stupire che queste considerazioni vengano suscitate da un 
catalogo di una collezione privata, che per di più non ha pretesa di 
esaustività; invece, per quanto riguarda il futurismo e le avanguardie, 
il fenomeno è abbastanza comune. Molti dei più importanti bibliofili 
italiani, da Ugo Nespolo a Giampiero Mughini, hanno messo insieme 
primarie raccolte futuriste, da cui sovente sono nate pubblicazioni di 
qualità; e oggi la principale bibliografia futurista è costituita 
proprio dai diversi contributi di autori come loro. Perché il 
collezionismo migliore, soprattutto oggi, non è più mosso dalla passione
 onanistica di chi raccoglie per tenere i reperti in un caveau senza 
libero accesso, ma sempre più dal desiderio di strappare i collectables 
all’oblio, rendendone possibile la condivisione. In questo senso i 
collezionisti di oggi, non solo in Italia, hanno un ruolo di primissimo 
piano.
Claudia Salaris, Futurismi nel mondo, Gli Ori, Pistoia, pagg. 1234, €130