domenica 28 febbraio 2016

Il Sole Domenica 28.2.16
Lorena Preta e la psicoanalisi
Affrontare l’infelicità indicibile
di Remo Bodei


La nostra esperienza del mondo esterno e interno si scontra con l’impensabile e l’irrappresentabile. I suoi contenuti non giungono, infatti, direttamente e immediatamente alla coscienza, come se fossero immagini riflesse in uno specchio. Arrivano, invece, attraverso filtri che – per selezionarli e situarli nel precedente contesto, per trasformarli in significati – hanno bisogno di attraversare una fase di latenza, di riposizionarsi lungo un intervallo di tempo, anche minimo. Per inciso, una simile operazione diventa sempre più difficile in un’epoca come quella presente, dove si assiste a «un progressivo decadimento della capacità di simbolizzazione» e in cui, per effetto «della rapidità e vorticosità delle innovazioni tecnologiche e culturali, il tempo appare divorato dal futuro, subendo un effetto di trascinamento che non lascia spazio all’elaborazione mentre tutto sembra precipitare verso l’azione».
La nostra vita sperimenta l’incidenza di scarti «brutali» che la scandiscono, di dolorosi processi fisici e psichici non esprimibili e non assimilabili dalla conoscenza, di un nucleo non elaborato, intrattabile e immodificabile, di grumi insolubili di sofferenza. Eccone alcuni: «La vecchiaia che altera il corpo e la mente e sembra cancellare il futuro che non può più neppure essere concepito; la malattia fisica che àncora la mente ai ritmi del corpo sofferente e la rallenta mentre il pensiero continua a scorrere; le separazioni che annientano; l’esperienza del trauma che blocca l’esistenza e rende incapaci di superare l’accaduto; i cambiamenti che attraversano come meteore inaspettate l’orizzonte della vita spezzando equilibri precari, pur rappresentando la “brutalità delle cose” in qualche modo inevitabile e non trasformabile, costituiscono perciò stesso nello psichico l’alternanza e la composizione delle varie forme del vivere».
A maggior ragione, ritroviamo tratti analoghi di indicibilità nelle situazioni psicotiche, in cui ci si identifica, ad esempio, con l’alterità assoluta di un animale, o ci si abbandona, come nei personaggi di Pirandello, al desiderio di perdere se stessi per diventare cose: «Ah, non avere coscienza d’essere, come una pietra, come una pianta!». Eppure, tali residui brutali e inesprimibili, costituiscono il catalizzatore o il lievito che permette ai nostri stessi pensieri, sentimenti e immagini di avere un fulcro e di articolarsi. Che significa, quindi, parlare di «brutalità delle cose» e associare questa espressione alle «trasformazioni psichiche della realtà»?
Con taglio teorico innovativo, Lorena Preta ha affrontato un duplice problema: quello di chiarire la funzione della materia bruta nella nostra esistenza e quello delle strategie volte a catturarla mediante una serie di trasformazioni. Nota e affermata psicoanalista, laureata in filosofia, da sempre interessata alla teoria e alla pratica della creazione artistica e da sempre sensibile alle contaminazioni con altre sfere del sapere tese a creare «ghirlande» di pensieri (ha ideato e a lungo curato Spoletoscienza), l’autrice ha individuato e discusso, con densa e affascinante scrittura, le analogie tra procedure artistiche e teoria e pratica psicoanalitica.
È attraverso una serie di modelli non provenienti dalla psicoanalisi che Lorena Preta assegna alla propria disciplina un ruolo non dogmaticamente autoreferenziale, ma aperto alla cognizione delle esperienze di alterità radicale. La cattura di questi impensabili, di cui non viene cancellata l’intrattabilità, avviene grazie a una struttura artificiale capace – attraverso le sue trasformazioni e deformazioni dell’oggetto preso in esame – di lasciare come residuo quell’eccedenza ineliminabile che chiama «realtà». Con le parole di Francis Bacon in un libro-intervista intitolato, appunto, La brutalità delle cose, si deve «intrappolare la realtà in qualcosa di veramente arbitrario (…) e, se la trappola funziona, scatta, imprigiona il soggetto [sc. l’oggetto da rappresentare pittoricamente] e, alla fine, rimane soltanto la realtà», in cui l’umano e il non umano, si intersecano, mostrando così «la coagulazione del dolore, della disperazione». Proprio perché la grande arte, continua Bacon, è «più vicina alla realtà» e, nello stesso tempo, «vera invenzione», essa non è realistica: da questo punto di vista, «è profondamente ordinata, nasce dal desiderio di riordinare la realtà, incorporando elementi di disordine quali l’istinto o la casualità».
Un altro modello utilizzato è «l’invenzione» del Mediterraneo da parte di Fernand Braudel: «Se fino ad allora si poteva pensare quel mare come un bacino in cui si affacciavano le varie civiltà, o un insieme di stati e popolazioni, ora li si vede come l’origine e allo stesso tempo il motore propulsivo delle differenti culture, molto più che un denominatore comune che consente la loro chiave di lettura (anche se in realtà non è possibile trovare il Mediterraneo inteso in questo senso nelle carte geografiche e neanche nella storia). È così che un modello riesce ad essere insieme strumento d’interpretazione della realtà ed artefice della stessa».
Un ultimo modello è quello della descrizione del nostro pianeta che, nelle parole di Franco Farinelli, subisce una «triplice trasformazione» nella geografia: «il mondo viene ridotto alla Terra, la Terra alla sua superficie e quest’ultimo a una tavola». Queste trasformazioni lasciano però un residuo che cattura la realtà anche se non le somiglia, allo steso modo in cui una musica suonata dal vivo non somiglia a quella rappresentata sul pentagramma o ai solchi incisi su un disco.
In campo psicoanalitico il compito diventa allora quello di creare una tensione tra tale residuo e i processi creativi, mostrando come la realtà esterna possa diventare interna senza essere cannibalizzata dal soggetto. Vale a dire, nello specifico, come le cose siano irriducibili alle idee nella loro presunta fissità e come possano entrare in maniera processuale nella mente ed estenderne la potenza. La psicoanalisi non mira tanto a cambiare l’essenza del paziente, quanto a trasformare le sue relazioni con se stesso e con gli altri. Nel linguaggio di Freud: a trasformare la loro infelicità patologica in un’infelicità normale.
Lorena Preta , La brutalità delle cose. Trasformazioni psichiche della realtà , Mimesis, Milano-Udine, pagg. 134, € 14