Il Sole Domenica 28.2.16
Euroscienze
Le origini del cervello criminale
Speriamo
che ci riesca un brillante neuroscienziato dell’Università della
Pennsylvania a sdoganare nel nostro Paese un campo di studi tra i più
affascinanti, ma ancora inviso: la neurocriminologia. Il testo è
Anatomia della violenza, volumone da leggersi tutto d’un fiato, grazie
all’incredibile verve narrativa del suo autore, Adrian Raine. Quanto può
esserci di più intrigante che addentrarsi nel cervello di un criminale?
Quante volte ci saremo chiesti, davanti al più disarmante fatto di
cronaca: che diamine sarà passato a quell’uomo, apparentemente così
“normale”, per la testa? Eppure, il pregiudizio è dietro l’angolo
(determinista!), soprattutto se si scopre che Raine patteggia per un
referente storico tutto nostrano. Personaggio scomodo, ma degno di
rivalutazione, nemico numero uno per una schiera così ampia di
detrattori che si ha timore a menzionarlo: sì, proprio lui, Ezechia
Marco detto Cesare Lombroso.
Quella biologistica è una sterzata
recente anche per la criminologia americana, ma che pure a fasi alterne
ha introiettato alcune intuizioni lombrosiane (Raine è debitore a Marvin
Wolfgang e Thorsten Sellin). Sia chiaro, una filiazione da intendersi
con i dovuti accorgimenti metodologici e teorici che competono allo
scienziato del ventunesimo secolo.
Raine capovolge egregiamente
l’obiezione anti-biologista: se anche la biologia non spiega
completamente il crimine, e dobbiamo estendere opportunità sociali e
istruzione, che come noto diminuiscono gli indici del crimine, siamo
sicuri che i soli fattori sociali siano tutto ciò che occorre conoscere
sull’origine della violenza? O siamo rimasti inviluppati tra le trame
contorte di una certa sociologia intransigente, che nel merito di
opporsi a ingiustizie e discriminazioni, ci ha blanditi distraendoci
dalla ricerca di una spiegazione più attendibile, che inevitabilmente
richiede di comprendere la componente di natura? Questo libro la natura
del criminale la scandaglia finemente. Anzitutto si noti: non tanto del
criminale generico, non dell’occasionale e deliberato trasgressore o
oppositore di regole convenzionali (si lascino stare, per favore,
indigenti e rivoluzionari!), ma di una specifica categoria: i violenti, i
manipolatori, gli impulsivi. Psicopatici o sociopatici, che dir si
voglia. Sono malati? Non così semplice rispondere. E non si pensi solo a
sadici o assassini habitué, perché è bene riconoscere che
l’aggressività in varie forme è seminata dalla natura in modo subdolo in
ognuno di noi. Le risposte a stimoli minacciosi possono condurci a
reagire d’impeto, ma anche ad abbracciare posizioni che non assumeremmo
mai “a freddo”. E così il più compito e beneducato può diventare
vendicativo, traditore, meschino e mosso dalle circostanze può favorire
retributivismo, tortura, pena di morte. Sapete che la probabilità di
essere uccisi il giorno del proprio compleanno è 100 volte maggiore a
che accada un altro giorno? O che quella di morire per mano dei propri
genitori è altissima nel primo anno di vita? Non dimentichiamoci del
cervello della vittima. Perché alcuni e non altri finiscono
spontaneamente tra le grinfie di incantatori o di aguzzini?
Non si
tratta di mettere alla berlina nessuno, ma di capire, e di aiutare,
perché invisibili semi possono diventare arbusti inestirpabili su alcuni
terreni incoltivati, e proprio il complesso funzionamento dei nostri
umani processi neurologici, molti di questi inconsci e automatici, di
fronte ad eventi prorompenti può finire col manomettere quel congegno
dall’equilibrio precario che è il nostro sistema nervoso. I genitori
tirino un parziale sospiro di sollievo perché dopo i 9 anni cresce
l’influenza dell’ambiente esterno sul cervello dei bambini, cioè dei
loro pari, rispetto a quello familiare - scoperta del gruppo di Raine.
Raine
ci racconta di evoluzione, di istinti primordiali e atavici cari al
Lombroso, ma anche di come alcuni ambienti favoriscano la selezione
naturale di egoisti mentre in altri a cavarsela meglio sono inguaribili
filantropi; di genetica comportamentale, di interruttori silenti
iscritti nel nostro corredo dalla nascita; di anatomia, funzionamento e
interazione complessa dei meccanismi del cervello del violento e del
bugiardo; di fattori di rischio nel corso dello sviluppo, compresi
traumi, infezioni, agenti fisico-chimici e malnutrizione; di epigenetica
e puzzle biosociali che compongono disegni spaventosi.
Nella
diatriba sociologia vs. biologia della violenza emerge qualcosa di
interessante, e cioè che a volte la spiegazione eziologica (cioè la
causa scatenante) è condivisa. Scarsità di risorse o condizioni
ambientali avverse accendono micce esplosive. Ma i due schieramenti non
condividono le basi costitutive del fenomeno, che dipende da come siamo
fatti, dicono quelli come Raine.
Che farne allora di tutte queste informazioni e di quante ancora ne raccoglieremo?
Non
ci resta che fare i conti con condizioni indignitose delle carceri,
detenuti tutt’altro che riabilitati, vittime inermi, educatori
impacciati di fronte a ingestibili bulli, capiufficio molestatori,
famiglie e relazioni disastrose, sforzi e frustrazioni degli operatori
di assistenza, ma anche con tanta diffusa disinformazione e
arretratezza, e non tanto tra la gente comune ma anche tra intellettuali
e politici, che si fanno spesso promotori di riforme inadeguate.
Non
nascondiamo la testa sotto la sabbia, perché queste teorie ci danno
importanti indicazioni. Non esistono strade tracciate o sicure. Magari
mi sottrarrei dal prefigurare, come fa Raine, scenari di screening
preventivi di genomi e cervelli o di brevetti genitoriali. Su questo,
una serie di ambiti dalla neuroclinica (curare e come i violenti?) al
neurodiritto (quanto e come punirli?) alla neuroetica (fino a dove è
lecito spingerci?) hanno il dovere di confrontarsi per arginare abusi
che ledano le libertà delle persone. È però il momento che queste
conoscenze comincino a circolare seriamente e a maneggiarsi
proficuamente.
Adrian Raine, L’ anatomia della violenza. Le radici biologiche del crimine , Mondadori, Milano, pagg. 548, € 23,80