Il Sole 9.2.16
Atene, riaffiora lo spettro di Grexit
Proteste di piazza, riforma delle pensioni ancora bloccata: la Borsa crolla del 7,8%
di Vittorio Da Rold
La
contestata riforma delle pensioni torna ad alzare la tensione sulla
Grecia. E come sempre anche sui mercati. Malgrado l’aumento del rating
di Atene annunciato da S&P’s, la Borsa greca ha perso il 7,87% con
una pioggia di vendite che ha colpito soprattutto i maggiori titoli
bancari, i cui prezzi si sono dimezzati da inizio anno. Ieri il crollo
di Alpha Bank, Banca del Pireo, Banca nazionale e Eurobank ha provocato
un tonfo dell’indice settoriale, che ha chiuso con un -23,4%. Ad appena
464,23 punti, l’indice composito di riferimento della Borsa ateniese,
sismografo della ennesima crisi, ha segnato il valore di chiusura più
basso da 25 anni a questa parte. Un tracollo.
Tutto è iniziato
giovedì scorso. Mentre la troika in rappresentanza dei creditori
incontrava i ministri greci al ministero delle Finanze ad Atene per
discutere della controversa riforma previdenziale che dovrebbe
traghettare definitivamente il Paese mediterraneo fuori dalla secche, si
svolgeva in contemporanea uno sciopero generale di oltre 50mila persone
nel centro di Atene, proprio in piazza Syntagma davanti al Parlamento.
È
stata la prima protesta di massa di queste dimensioni a sfidare il
primo ministro Alexis Tsipras, che rischia di rimanere stritolato da
questo ennesimo braccio di ferro con i creditori e dalle resistenze
della piazza. A protestare c’erano questa volta agricoltori, pompieri,
poliziotti, guardia costiera, dipendenti del settore pubblico in
generale, medici, avvocati e altri professionisti autonomi che raramente
scendono in piazza. La maggior parte dei negozi e ristoranti nel centro
di Atene è rimasta chiusa.
A mobilitare ancora una volta la
piazza è stata l’annunciata riforma del governo sulle pensioni,
l’ennesima riduzione delle prestazioni con l’aggiunta dell’aumento dei
prelievi. Tsipras ha cercato di aumentare i contributi dei nuovi assunti
per scaricare il peso della riforma sulle nuove generazioni. Ma la
troika (in primis la Germania) non ha accettato la mossa diversiva e ha
messo alle corde la risicata maggioranza di Syriza-Anel che ora rischia
di scontentare i greci e di spaccarsi in Parlamento. La riforma delle
pensioni annunciata a gennaio prevede un ulteriore taglio medio del 15%
delle prestazioni, l’accorpamento dei fondi di gestione, la riduzione a
2.300 euro dell’ammontare mensile massimo (da 2.700) e una pensione
minima con almeno 15 anni di contributi ridotta a 384 euro. Una misura
complessiva da 1,8 miliardi di nuovi tagli previdenziali, pari all’1%
del Pil che nel frattempo si è ridotto del 25 per cento. Insomma ancora
una dose di austerity sulle pensioni, un tema delicato socialmente
poiché il 50% dei greci ha come principale fonte di reddito proprio
l’assegno previdenziale, con un tasso di disoccupazione del 25,1 per
cento e nessuna forma di indennità per i senza lavoro prevista sul
terreno.
Poi la troika ha chiesto di varare alcune misure sui
prestiti in sofferenza che dovrebbero consentire alle banche di mettere
sul mercato con più facilità gli immobili ipotecati, una misura però
molto contestata dai sindacati e dai partiti di opposizione. Gli
ennesimi sacrifici fanno parte del piano richiesto dalla troika (Ue, Fmi
e Bce) in cambio del nuovo pacchetto di aiuti da 86 miliardi di euro,
negoziato a luglio. Un piano che si aggiunge ai 240 miliardi di euro già
erogati dai creditori nei precedenti due piani di salvataggio,
rispettivamente da 110 e 130 miliardi di euro. Una pioggia di miliardi
che sono solo transitati da Atene per ritornare con una partita di giro
nelle casse dei creditori.
Atene proprio a luglio dovrà far fronte
al pagamento di 3,5 miliardi di euro di prestiti in scadenza. Senza i
soldi della troika la tragedia greca rischia di ripartire ancora un
volta, proprio adesso che Atene sperava di poter accedere al Quantitave
easing della Bce, cioè l’acquisto di 60 miliardi di euro mensili di bond
da cui la Grecia è ancora esclusa.
L’Fmi continua a spingere i
greci - e gli europei - ad accettare i tagli più onerosi e immediati
delle pensioni per poi discutere della riduzione del debito che viaggia
al 185% del Pil, secondo una traiettoria di insostenibilità.
Inoltre
c’è sullo sfondo la crisi dei migranti dove la Commissione Ue ha dato
tre mesi di tempo ad Atene per costruire i punti di riconoscimento, ma
le autorità delle isole greche si ribellano alla costruzione degli
hotspot temendo che questi centri di accoglienza facciano fuggire i
turisti e mandare in crisi la maggiore fonte di reddito dell’economia.
Anche
il maggior partito di opposizione, Nea Dimokratia, guidato ora da
Kyriakos Mitsotakis, che lo ha spostato al centro e su posizioni
neoliberiste, non è più disposto a sostenere l’esecutivo sul varo della
indigesta riforma previdenziale. Tutto questo rende il passaggio delle
riforme molto difficile in aula. Mujtaba Rahman, esperto di Eurasia,
ritiene che il governo Tsipras alla fine riuscirà a far passare la
modifica delle pensioni e la riforma fiscale con la propria maggioranza
entro fine marzo, ma non si può negare che i rischi per questo scenario
siano in crescita, e un peggioramento della crisi dei rifugiati potrebbe
diventare l’ago della bilancia e scatenare ancora una volta la tempesta
perfetta su Atene, l’anello debole di Eurolandia.