sabato 6 febbraio 2016

Il Sole 6.2.16
Pd tra tessere e urne. Sinistra dem all’attacco del «partito della nazione»
Speranza: «Se non si dà un segnale fermissimo il Pd è morto»
Scontro sul «caso Cuffaro», Bersani evoca l’addio
di Emilia Patta

ROMA Dopo Verdini, Cuffaro. Ossia l’ex governatore della Sicilia che ha appena finito di scontare quasi 5 anni di carcere per associazione mafiosa. La nuova miccia che fa deflagrare lo scontro nel Pd viene innescata in Sicilia dal presunto travaso di «voti» e «classe dirigente» cuffariana nel partito. Sembrerebbe l’ennesima polemica sul fantasma del Partito della nazione, mentre il premier e segretario Matteo Renzi è impegnato nella difficile battaglia per la flessibilità in Europa ed evita di esprimersi a riguardo. Ma a differenza delle altre volte ora sono i toni dell’ex segretario Pier Luigi Bersani, punto di riferimento della sinistra interna, a preoccupare. Bersani sembra evocare la propria uscita dal partito che ha contribuito a fondare, e quindi di fatto una possibile pesante scissione. Proprio alla vigilia delle primarie di Milano, con la sfida a quattro che apre di fatto la stagione elettorale del Pd (nelle altre città chiamate al voto a giugno le primarie ci saranno il 6 marzo), il modo in cui Bersani descrive il cambiamento della “Ditta” è infatti particolarmente pessimista. «Il Pd non è un partito di potere buono per tutti gli usi. Non siamo un porto dove può sbarcare chiunque. Renzi non ci porterà dove non vogliamo andare». Per la prima volta c’è l’allusione all’impossibilità di restare in un Pd che “cambia pelle”: «Se nel Pd entra certa gente io non so più se ci voglio stare». E a rimarcare che quella di Bersani non è una posizione personale arriva il sostegno di Roberto Speranza: «Se non si dà un segnale fermissimo e rigorosissimo sulla vicenda Cuffaro il Pd è morto», dice il leader della sinistra dem. Che aggiunge, facendo intendere che questo del Partito della Nazione sarà il vero tema del congresso del partito previsto per il 2017: «Noi vogliamo un Pd diverso, un Pd perno del centrosinistra e mai partito della Nazione».
In Sicilia, il segretario regionale Fausto Raciti - “giovane turco” come Orfini e Orlando - ha deciso di congelare il tesseramento e ha convocato i garanti. «Il “travaso” di iscritti evocato dallo stesso Cuffaro in una recente intervista è un campanello d’allarme che non va preso sotto gamba, perché in Sicilia queste cose sono delicate - spiega -. Un conto è allargare il partito e conquistare la maggioranza degli elettori, un conto è riciclare il ceto dirigente di una stagione politica fallita e che ha fatto male alla Sicilia». Fermi tutti, in attesa di verifiche. «Io non mi voglio ritrovare con un caso Mafia Capitale cresciuto sopra la mia testa e senza che io ne sappia nulla...», confida Raciti. A gettare acqua sul fuoco ci pensa il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. «Al momento dalla Sicilia non si hanno notizie di fenomeni anomali. Se dovessero arrivare, si interverrà con rigore e intransigenza - dice Guerini -. Detto questo, ogni tre o quattro mesi c’è qualcuno che apre una polemica sui nostri tesserati: una volta sono pochi, una volta sono troppi, o ci si impegna intorno a indistinte e generiche disquisizioni. E alla fine si fa solo male ai nostri iscritti». Per Guerini, come per Renzi che non ne vuole neanche sentir parlare, le polemiche sul Partito della Nazione sono «indistinte e generiche disquisizioni». Ma c’è da scommettere che le sentiremo ancora.