Il Sole 27.2.16
Chiesa ed economia
Nelle parole del cardinale Ravasi la condanna del predominio della finanza
«La ricchezza senza lavoro distrugge l’uomo»
di Carlo Marroni
Cita
don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana che più di altri in Italia, e
controcorrente, disse parole che oggi risuonano forti con la voce di
Jorge Mario Bergoglio: «Non c’è nulla che sia ingiusto quanto far parti
uguali tra disuguali». La frase, citata dal cardinale Ravasi, è scritta
nella storia della Chiesa ed è un’immagine a tinte forti delle
disuguaglianze del pianeta che tengono ai margini del pianeta oltre 800
milioni di persone, che vivono con meno 1,25 dollari al giorno. Non c'è
via di uscita per l’intera umanità, che pur avendo beneficiato della
globalizzazione - dice Romano Prodi, che conosce bene il Sud del mondo,
dall’Asia all’Africa - stenta ad avviare una seria redistribuzione della
ricchezza. Ravasi parla di ciò che “distrugge l’uomo”, e focalizza la
«ricchezza senza lavoro, gli affari senza la morale» e in primis «il
predominio della finanza sull’economia». Il tema della
finanziarizzazione aleggia sull’intero seminario di Confindustria, in
sintonia con la pastorale, sia di Benedetto XVI che soprattutto di
Francesco, che alla «idolatria del denaro» ha dedicato un intero
capitolo del fondamentale Evangelii Gaudium. «Non è possibile che non
faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere
per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questa è
esclusione» dice il “manifesto” del pontificato del 2013, che condanna
la speculazione finanziaria che concentra in pochissime mani una
ricchezza smodata e riduce larghe fasce della popolazione in miseria. Le
cifre che emergono dal convegno lasciano in silenzio l’uditorio: a
fronte di una ricchezza reale prodotta al mondo di 80 triliardi di
dollari all’anno, i prodotti finanziari sono dieci volte tanto. Nessuno
condanna la finanza, che anzi ha un ruolo decisivo nel processo
economico, ma la sua degenerazione, i cui effetti si stanno pagando cari
a tutte le latitudini, pochi esclusi (molti dei quali sono nel pullman
citato da Prodi). «Bisogna distinguere tra chi fa banca e chi fa
finanza. Il ruolo delle banche è sostenere le imprese» ha detto Gabriele
Piccini, country chairman per l’Italia di Unicredit, «ma le banche non
possono limitarsi al credito, devono andare oltre, aiutare le imprese a
crescere, essere vicine alle famiglie, sia per l’abitazione ma anche per
la protezione del loro risparmio». Già, il risparmio. Il pensiero va
alle quattro banche coinvolte nel processo di risoluzione: in molti
casi, dice Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri e della Fondazione
Cariplo, è stata tradita la fiducia di famiglie e pensionati, ridotti
sul lastrico «con un sorriso falso. La vicenda ha interessato centinaia
di migliaia di investitori e risparmiatori e a pagarne le spese sono
state persone che hanno riposto la loro fiducia in altre persone che
incontravano ogni giorno dietro lo sportello e che con un sorriso falso
hanno portato famiglie e pensionati sul lastrico».