sabato 27 febbraio 2016

Bergoglio e Squinzi
Le “nuove” (?) forme dell’ideologia del dominio
Il Sole 27.2.16
La solidarietà creativa
di Alberto Quadrio Curzio

La solidarietà creativa è stato il paradigma ideale ed operativo del seminario che si è tenuto ieri a Roma quale momento di riflessione propedeutica all’incontro di oggi tra Papa Francesco e la Confindustria guidata da Giorgio Squinzi.
Il seminario ha posto al centro il «Fare insieme» ovvero la coniugazione tra “etica ed impresa nella società connessa e globale”. Titolazione, anche interrogativa, alla quale abbiamo tentato una nostra risposta. Prima di illustrarla è bene richiamare un enunciato di una Enciclica di Giovanni Paolo II: la Centesimus Annus del 1991. Nella stessa è scritto «La Chiesa non ha modelli da proporre. I modelli reali e veramente efficaci possono solo nascere nel quadro delle diverse situazioni storiche, grazie allo sforzo di tutti i responsabili che affrontino i problemi concreti in tutti i loro aspetti sociali, economici, politici e culturali che si intrecciano tra loro». Ma è scritto anche, con una precisazione specifica e forte, «… la Chiesa offre, come indispensabile orientamento ideale, la propria dottrina sociale». Si pone allora il problema di combinare ideali con modelli operativi caratterizzati da una concretezza dinamica ed approssimante i principi. A tal fine scegliamo tre categorie presenti sia del pensiero sociale cattolico sia in correnti del pensiero istituzionale, sociale ed economico: la solidarietà, la sussidiarietà, lo sviluppo.
La solidarietà. Spesso con questo termine-concetto si intende la rinuncia di chi più ha a favore di chi meno ha. Ovvero la solidarietà redistributiva ed erogativa a tutela dei più deboli che in prevalenza è compito delle Istituzioni. Ma è anche un’opera dei tanti soggetti non profit che aggiungono al profilo retributivo quello della prossimità per cui gli assistiti sentono di essere parte di una comunità di persone.
Esiste però anche la solidarietà creativa che è non meno importante. Compito delle imprese è quello di realizzare questa solidarietà dando lavoro e professionalità, conoscenze e competenze, innovando e quindi rendendo l’attività produttiva solida e durevole. L’impresa che opera così, che consegue profitti da creatività (e non rendite di posizione come accade a chi opera in condizioni di monopolio), che riesce a stare sui mercati compresi quelli internazionali, svolge un’opera di solidarietà economica con forti riflessi sociali.
Tra le due forme di solidarietà (redistributiva e creativa) si possono creare talvolta delle tensioni la cui risoluzione non è semplice in quanto mentre la solidarietà creativa guarda molto allo sviluppo nel tempo e quindi alle nuove generazioni, quella redistributiva guarda soprattutto alle generazioni presenti disagiate. In varie parti dei Trattati europei si trovano queste due forme di solidarietà come meritevoli, entrambe, di essere perseguite.
La sussidiarietà. È una categoria meno nota ma ampiamente presente sia nel pensiero sociale cattolico sia nei trattati europei sia nella analisi e nella pratica politica, economica e sociale. Si tratta di un criterio che ripartisce poteri e funzioni in verticale tra le istituzioni ovvero tra vari livelli di governo e in orizzontale tra le tre componenti di una buona democrazia ovvero tra le istituzioni, la società e l’economia. La sussidiarietà significa libertà, autonomia e decentramento ma anche responsabilità di tutti gli operatori in quanto parti di un sistema democratico.
Tra i molti punti di vista per guardare alla sussidiarietà scegliamo quello della distinzione tra democrazia rappresentativa e partecipativa per evidenziare il ruolo delle associazioni di imprese che in questo seminario sono attori tramite Confindustria. Queste associazioni nascono nell’ambito economico dove principalmente vivono, ma svolgono anche funzioni sociali e intrattengono rapporti con le Istituzioni. Il significato di questa portata socio-istituzionale risalta meglio pensando per contrasto alle democrazie dirigiste-liberiste che si polarizzano su Stato e mercato e che possono passare dal dirigismo al liberismo con oscillazioni del pendolo. In esse talvolta è troppo forte lo Stato e in altre il mercato. Il centro concettuale della democrazia partecipativa di tipo economico-sociale europeo è invece più l’impresa con i suoi sistemi associativi. In queste associazioni di liberi imprenditori si configura una comunità che cerca di raggiungere, attraverso la creatività e la cooperazione, un fine economicamente sostenibile che non è principalmente la massimizzazione del profitto di breve termine. È un’impostazione dove l’homo faber precede l’homo oeconomicus.
Lo sviluppo. È un’entità complessa che non si esprime solo in termini di reddito nazionale ma attraverso molti altri indicatori di benessere. Tra questi ne scegliamo uno che rende possibile la durata dello sviluppo nel tempo e cioè gli investimenti e le infrastrutture. L’Europa si troverebbe in questo momento storico nella necessità di attuare un grande programma di investimenti per riassorbire la disoccupazione, per evitare la distruzione di capacità produttiva e quindi di obsolescenza delle risorse umane, per rendere ecocompatibili tante infrastrutture vecchie. Tuttavia non lo fa perché sta perdendo la fiducia in se stessa e quindi ritiene che solo un rigido controllo della spesa pubblica possa assicurare la sostenibilità delle economie europee. Intanto nella sola Eurozona ci sono 3,5 milioni di disoccupati sotto i 25 anni di età. Se le Istituzioni europee avessero coraggio sarebbe possibile trovare quelle risorse di alcune migliaia di miliardi di euro per rinnovare nei prossimi 20 anni con gli investimenti tutto il sistema economico ed ambientale europeo.
L’Unione europea nata dalla solidarietà creativa e lungimirante delle istituzioni e degli stati, dei popoli e delle società, delle economie e delle imprese rischia adesso di implodere per grettezza conservatrice.