giovedì 25 febbraio 2016

Il Sole 25.2.16
Verso il giubileo dell’Industria
intervista a monsignor Viganò
«Così comunichiamo la Chiesa di Francesco»
Nei media vaticani convergenza fra la prospettiva teologica e la rete
di Carlo Marroni

«La comunicazione si presenta come un argomento centrale del “fare insieme”, perché configura una relazione e quindi una società, con caratteristiche che le sono proprie e che vanno interpretate con la propria chiave».
Monsignor Dario Edoardo Viganò, 53 anni, dal 2015 è Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, il nuovo “super-ministero” voluto da Francesco per riorganizzare tutte le strutture di informazione del Vaticano. Un processo, di cui si parlava da molti anni, già avviato – ora si va verso la fusione tra Radio Vaticana e Centro Televisivo – e che sta procedendo secondo un programma serrato. Viganò – sacerdote dal 1987 ordinato dal cardinale Carlo Maria Martini e tra l’altro docente di Teologia della Comunicazione alla Pontificia Università Lateranense e a Scienze Politiche della Luiss - parteciperà domani al convegno “Fare Insieme. Sviluppo Istruzione Lavoro”, che precede il Giubileo dell’Industria di sabato 27 febbraio, quando 7mila imprenditori saranno ricevuti in udienza dal Papa nell'aula Paolo VI.
La comunicazione in rete è sbarcata da tempo dentro i Sacri Palazzi, un processo che fa i conti con i principi dell’intelligenza collettiva. Che effetti produce nelle istituzioni?
Si ha un mondo condiviso, un linguaggio comune che incentiva il lavoro di squadra. Inoltre si facilita l’emergere di nuove idee e soluzioni creative, si offre lo spazio per il confronto sano e arricchente - centrato sul compito e non sugli aspetti personali, quasi sempre impliciti -, in modo trasparente e si cerca un consenso più o meno consistente per affrontare nuove sfide.
Il Papa sulla comunicazione ha impresso un forte processo di cambiamento.
Il Motu Proprio del Papa che istituisce la Segreteria è chiaro: lo sviluppo di media digitali, dei fattori di convergenza e dell’interattività richiede un ripensamento del sistema informativo della Santa Sede e impegna ad una riorganizzazione che da una parte valorizzi quanto è stato fatto nel corso della sua storia e dall’altro proceda versa una gestione unitaria.
Dentro i Sacri Palazzi il modello di ristrutturazione è prevedibile sia diverso da quelli tradizionali, applicati dai colossi della consulenza aziendale…
La sfida è quella di “fare assieme” un programma in cui ognuno abbia il proprio ruolo, apporti la propria competenza e prenda dagli altri, creando un tessuto dinamico e coeso per poter rispondere a questo «ripensamento del sistema comunicativo».
Per esempio?
Primo: nessun licenziamento è una indicazione diretta del Santo Padre, questo implica quindi una riforma che introduca essenzialmente una dinamica lavorativa diversa, perché se il risultato dovrà essere nuovo (il Papa chiede un “ripensamento”) allora l’approccio dovrà essere ugualmente innovativo.
Nessun licenziamento, quindi: c’è spazio per assunzioni?
In principio, non ci possono essere nuove assunzioni, non c’è questo margine con 650 persone: questo implica quindi che il personale esistente vada rivalorizzato, rinvigorito, con una strategia di formazione, di redistribuzione e di dinamiche lavorative che creino nuove sinergie per i nuovi risultati.
È una delle “strutture” maggiori dell’intera Città del Vaticano: procederete ad accorpamenti?
L’accorpamento istituzionale deve produrre un sistema comunicativo nuovo che risponda a quello attuale: si deve pertanto guardare al mondo digitale, alle reti sociali, alle realtà multimediali, multiculturali, multilinguistiche, senza dimenticare di creare dei ponti verso le realtà più povere e bisognose, per evitare di scavare ulteriori fossati nella “breccia digitale”.
Comunicare la Chiesa di Francesco richiede un modello unico al mondo…
Per realizzare quanto richiesto dal Santo Padre, abbiamo disegnato e cerchiamo di portare avanti, secondo i più rigorosi studi di new management, un nuovo flusso di comunicazione interna, basato su uno schema di organizzazione che rispetta quello canonico della Chiesa e rispecchia il rinnovamento Sinodale che papa Francesco vuole rafforzare nella Chiesa universale.
Un modello che supera i vecchi schemi di organizzazione verticale.
La “dinamica comunionale” – vista da una prospettiva teologica – e la “dinamica di rete” – vista da una prospettiva comunicativa – tendono a generare una sinergia collaborativa che permette di introdurre molteplici variabili come input del sistema comunicativo, per ottenere molti risultati come output, per un mondo complesso e diversificato.
Al centro quindi sempre la vocazione missionaria della Chiesa?
Sono convinto che per arrivare ad avere un nuovo sistema comunicativo, ripensato per rispondere meglio alle esigenze della missione della Chiesa, è necessario un mutamento dei processi comunicativi interni, che producano un vero e profondo cambiamento istituzionale. Solo questa trasformazione istituzionale, risultante non solo dall’accorpamento delle istituzioni ma da una diversa concezione del servizio comunicativo, potrà veramente offrire un servizio di comunicazione nuovo, per la Missione della Chiesa nella cultura contemporanea.
Molte strutture della Santa Sede stanno cambiando, specie in campo economico...
Dalla ricca storia comunicativa della Chiesa e dalle sfide del momento presente, possiamo imparare almeno due cose. Anzitutto, insieme alla radicale fedeltà al messaggio del Vangelo ci vuole creatività in ogni momento della storia, per assumere ciò che di buono ci offre la cultura e la tecnologia. Anzi, dobbiamo aprire con essi nuove strade al Vangelo.
E l’altra?
I media vaticani, nati ciascuno in un momento specifico per un compito concreto, devono convergere e armonizzare la loro azione nella cultura digitale, per continuare nella direzione giusta: quella della condivisione e della comunione al servizio della Parola e del ministero petrino.