Il Sole 24.2.16
L’effetto domino che mina l’Unione
Profughi.
Il ritorno dei controlli alle frontiere costerebbe dai 100 ai 140
miliardi di euro in più all’anno secondo stime di due think tank europei
di Vittorio Da Rold
Germania,
Francia, Danimarca, Austria, Norvegia, Svezia e ora Belgio hanno
sospeso Schengen reintroducendo il controllo alle frontiere. Un “effetto
domino” che tende a scaricare sul vicino il problema dei migranti
secondo il detto: non nel mio cortile di casa. Il Belgio, ultimo entrato
in questa speciale classifica, teme che i migranti sloggiati dal campo
di Calais chiamato la Jungla, si trasferiscano nel suo territorio.
La
Svezia nel frattempo ha sbarrato il ponte che la unisce alla Danimarca e
nei Balcani si è innestata una reazione a catena che parte da Vienna
con le sue mini-quote giornaliere di accoglienza e arriva fino all’ex
Repubblica jugoslava di Macedonia che sigilla le frontiere con la
Grecia. Atene rischia così di trasformarsi, secondo la frase del
ministro greco dell’immigrazione Mouzalas, che ieri sembra sia stato a
un passo dalla dimissioni poi ritirate, in un “cimitero di anime” o meno
poeticamente in uno zona cuscinetto a difesa dei paesi del Nord Europa.
Anche
il premier greco, Alexis Tsipras, ha comunicato all’Ue il suo
«scontento» per l’inasprimento dei controlli sulla cosiddetta «rotta»
dei Balcani e, parlando con il premier olandese Mark Rutte, alla
presidenza di turno dell’Ue, si è lamentato del fatto che il suo Paese
non sia stato incluso tra i partecipanti oggi all’incontro organizzato
dall’Austria sull’emergenza migratoria lungo la rotta balcanica. Insomma
per Vienna, già pronta a sigillare anche il Brennero con 100 nuovi
doganieri come era prima del 1995, anno di ingresso in vigore degli
accordi di Schengen, Atene non è parte della soluzione, ma solo del
problema.
Non a caso il governo greco «non ha escluso» di porre il
veto all’adesione alla Ue di paesi che non lavorano verso una politica
comune europea sui migranti. Parola del portavoce del governo di Atene,
Olga Gerovasili, l’irritata per le misure che stanno bloccando il flusso
dei migranti lungo la rotta dei Balcani. La portavoce ovviamente, come
si fa in questi casi, non ha citato nessun paese in particolare, ma le
sue parole sono chiaramente dirette a Serbia e Macedonia, due paesi
candidati all’ingresso nell’Ue che hanno imposto limitazioni al
passaggio dei migranti.
Ma se saltasse Schegen ci troveremmo in un
Europa con, parzialmente una sola moneta in tasca e il ritorno dei
controlli alle frontiere per merci e persone. Un passo indietro al 1995.
I costi economici sarebbero salatissimi per il mercato interno: secondo
France Strategie, un think tank francese, si arriverebbe a 100 miliardi
di euro all’anno con il ritorno ai controlli alle frontiere, mentre la
tedesca Bertelsmann stima la perdita in 140 miliardi annui, che nel
decennio fanno ben 1.400 miliardi, il 10% del Pil dei 28 Paesi Ue.
Non
solo.L’anacronistico ritorno dei doganieri in Europa farebbe aumentare i
prezzi tra l’1% e il 3% nell’ipotesi più negativa, sul costo dei beni
importati con le prevedibili ricadute negative sulla già fragile
crescita interna europea.
Senza contare che le nuove restrizioni
al passaggio dei migranti lungo la rotta balcanica, come ha denunciato
l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, stanno «creando caos ai posti di
confine». In sostanza le misure adottate dall’Austria e da diversi
paesi dei Balcani «pongono particolare pressione sulla Grecia» che deve
occuparsi di un ampio numero di migranti. Le quote massime giornaliere
di migranti e le misure contro determinate nazionalità fanno sì che i
migranti restino bloccati alle frontiere senza rifugio, con il rischio
che finiscano nelle mani di trafficanti di uomini senza scrupoli,
avverte l’agenzia Onu per i rifugiati prendendo di mira il tetto di 80
richieste da asilo al giorno imposto dall'Austria e il divieto della
Macedonia al passaggio dei migranti afghani.
A mancare all’appello
all’Europa di oggi è la capacità di trovare soluzioni comuni e la
volonta politica di attuarle senza tentare facile scorciatoie che
scaricano più in là il problema. L’Europa, sui migranti, sembra essere
tornata a pensare di risolvere il problema con la Grexit, l’espulsione
di Atene, da Schengen. Ma la perdita, alla fine, sarebbe un suicidio
geopolitico di Bruxelles.