mercoledì 24 febbraio 2016

Il Sole 24.2.16
Piano di Obama per chiudere Guantanamo
Il presidente: «Il carcere va contro i valori dell’America»
Repubblicani e Congresso pronti a dare battaglia


Con sette anni di ritardo – il primo ordine presidenziale alla Cia risale al 2009 – Barack Obama ha annunciato un piano per la chiusura del carcere di Guantanamo. Degli attuali 91 detenuti, 35 saranno trasferiti nei Paesi che hanno già accettato di tenerli rinchiusi nelle loro prigioni. Gli altri saranno portati nelle strutture di massima sicurezza civili e militari sul suolo americano.
Guantanamo, a Cuba, costa all’amministrazione americana 445 milioni di dollari l’anno. Trasferendo gli estremisti islamici accusati di terrorismo, verranno risparmiati 180 milioni. Ma la decisione di chiudere il centro di detenzione, aperto dopo l’attacco alle Torri gemelle e la guerra in Afghanistan nel 2001, non era una questione di bilancio. «Significa chiudere un capitolo della nostra storia: riflette la lezione che abbiamo appreso l’11 settembre», ha spiegato Barack Obama ieri, nel discorso ispirato che annunciava la fine di Guantanamo. Mantenerlo aperto significa ignorare quella storia e i valori democratici degli Stati Uniti.
Impegnati nella loro campagna elettorale, i repubblicani si sono scagliati contro la decisione del presidente democratico. Il primo a prendere posizione è stato Marco Rubio, secondo il quale i detenuti di Guantanamo non devono essere portati in territorio americano perché non appartengono all’America. Ma alla sua storia sì, come invece aveva detto Obama.
Ribadendo la propria totale e dura opposizione già espressa negli anni passati, anche il Congresso a maggioranza repubblicana tenterà di opporsi e di respingere la decisione di Barack Obama. Ma per la maggioranza degli americani, Guantanamo non sembra tanto un baluardo contro il terrorismo, quanto un anacronistico strumento per combatterlo.