martedì 23 febbraio 2016

Il Sole 23.2.16
Sistema bulimico
Per la Ue la Cina produce troppo
La Camera di commercio a Pechino: l’overcapacity si trasforma in dumping
di Rita Fatiguso


La bulimia del sistema produttivo cinese non ha fine, né sembra trovare rimedi efficaci. È denso di pessimismo l'ultimo rapporto sull'overcapacity cinese della Camera di commercio europea a Pechino: dal 2009, data della precedente edizione, la situazione, nonostante gli sforzi, è peggiorata. L'overcapacity è un ostacolo alle riforme, già il titolo della presentazione è eloquente.
«Non possiamo più importare i problemi della Cina – taglia, secco, il presidente della Camera Joerg Wuttke - l'overcapacity cinese si trasforma inevitabilmente in dumping, il che attesta chiaramente che il Paese non ha ancora adempiuto agli impegni presi 15 anni fa quando aderì al laWto: dimostrare, nei fatti, che si sarebbe preparata a diventare una economia di mercato».
Così, dimostra l'analisi della Camera, non è stato. Le mosse per contrastare l'overcapacity sono quanto di più lontano dalle forze di mercato, il surplus è peggiorato, Pechino lotta per attuare le riforme e superare la resistenza dei governi locali ossessionati dalla crescita, a tutti i costi. Adesso, proprio questa difficoltà di tenere a freno la produzione è una delle cause dell'incapacità di riformare il sistema produttivo.
Il protezionismo locale, l'incapacità di applicare anche le migliori direttive del Governo centrale, le tecnologie inadeguate, creano effetti a cascata tra cui un'allocazione non perfetta delle risorse, profitti ridotti, inquinamento, taglia i fondi per ricerca & sviluppo, il noto cortocircuito tra prestiti e interessi. Questo, a livello locale. «A livello macro – aggiunge Joerg Wuttke – l'effetto peggiore sta nelle dispute del commercio internazionale, sempre più frequenti, con potenziale perdita di posti di lavoro, un clima pesante che frena anche la capacità di investire all'estero. Non si può ribilanciare, si deve ristrutturare l'economia cinese. La nostra indagine dimostra inoltre che la strategia legata all'Aiib la nuova banca asiatica per le infrastrutture non è sufficiente, la Banca ha fondi limitati e ci sono prodotti che non possono essere esportati, i mercati dell'Obor, la One belt One road, inoltre, sono limitati».
Eppure il governo centrale cinese ha dichiarato guerra all'eccesso di capacità e disposto la chiusura di imprese “zombie” oppresse dai debiti come una delle sue priorità politiche per il 2016, e ha già reso noti piani di azione prima del Capodanno cinese per eliminare 100-150 milioni di tonnellate di capacità produttiva di acciaio di fascia più bassa e 500 milioni di tonnellate di produzione di carbone.
Quello più nel mirino è certamente il livello locale, l'indagine della Camera europea punta il dito contro quei governi che hanno perfino ostacolato le fusioni e le acquisizioni nel timore del trasferimento delle entrate fiscali ad altre giurisdizioni. Proprio nel 2008, anno del grande stimolo economico per combattere la crisi globale, la Cina ha iniziato ad accumulare sovraccapacità, approvando progetti faraonici e consentendo il calo drastico dell'utilizzo in settori come l'acciaio, l'alluminio e prodotti chimici. Tra i settori esaminati, solo quello delle turbine eoliche ha visto un miglioramento nell'utilizzo della capacità produttiva. Per di più l'overcapacity ha innescato una valanga di crediti, né Pechino oggi ha sufficienti energie per evitare il fallimento delle aziende afflitte da questo male. Ricordiamo che fino a un anno e mezzo fa lo Stato ha sempre salvato le aziende che non riuscivano ad onorare le scadenze dei corporate bond. Ecco perché le aziende cinesi hanno disperatamente cercato di esportare le loro eccedenze, l'anno scorso le esportazioni di acciaio verso la Ue sono cresciute del 50 per cento.
Secondo il China Iron and Steel Association (Cisa), la Cina ora ha un surplus annuo della capacità di circa 400 milioni di tonnellate, con tassi di utilizzo piombati al 67% nel 2015. Anche se la produzione è scesa per la prima volta dal 1981 l'anno scorso, la capacità probabilmente aumenterà ulteriormente nel 2016. La Cina inoltre chiuderà 1.000 miniere di carbone nel 2016 tagliando 500 milioni di tonnellate in 3-5 anni. Ha promesso di fermare l'approvazione di tutti i nuovi progetti delle miniere di carbone per tre anni, nel tentativo di controllarne la capacità. A parte il carbone, la Cina dovrà anche affrontare l'eccesso di capacità nel settore termoelettrico, quest'anno, controllando nuove costruzioni e l'annullamento dei progetti nelle regioni con più grandi eccedenze di capacità.
Tra le raccomandazioni dirette fatte dalla Camera al Governo c'è il bisogno di spezzare il triangolo d'oro enti locali- banche -società statali (bene con i local bonds, ma non è sufficiente). Riformare il sistema fiscale per dare alle regioni più possibilità, rafforzare le norme a difesa dell'ambiente, aumentare l'IP protection, ridurre i sussidi ai prezzi dell'energia, pubblicare dati più trasparenti in modo tale che le aziende possano essere informate delle decisioni. E indirettamente smettere di versare soldi alle imprese statali destinandoli invece alla social security, all'educazione, all'healthcare. Creare un safety net, migliorare l'ambiente di sviluppo generale dovrebbe essere questa la priorità.
Tre ore dopo, nei locali del Consiglio lo Stato il ministro dell'Industria e del Commercio Zhang Mao illustrava in conferenza stampa i progressi fatti nello sviluppo dell'economia, spiegando che oltre 750 aziende sono state messe fuori mercato, che c'è una lista nera per quelle fallite, che l'industria è sotto controllo e si sta giovando della variabile internet. Insomma, tutta un'altra storia. Forse proprio qui, in questa distanza abissale tra la realtà e le promesse sta il dramma dell'overcapacity cinese.