Il Sole 19.2.16
Unioni, il Pd torna alla guerriglia in stile Italicum
A Renzi non basta più il canguro
Lina Palmerini
Se
il Papa si tira fuori dalla “mischia” della politica italiana sulle
unioni civili, in Senato invece lo scontro si alza. Al punto che
riappare la sagoma della guerriglia parlamentare che ci fu dentro il Pd
quando si votò l’Italicum. Ieri la minoranza del Pd ha sfidato Renzi a
mettere la fiducia come fece sulla legge elettorale e, più netto, è
stato il grillino Di Battista. È chiaro insomma che il premier non può
più permettersi di stare a bordo campo. E lasciar fare tutto al
super-canguro.
Il Papa che non si immischia nella politica
italiana e dunque non vuole parlare delle unioni civili, volta pagina
rispetto all’ingerenza del cardinale Bagnasco ma non smuove il muro
contro muro a cui si è arrivati al Senato. Ormai dentro la maggioranza
si contano almeno 4 posizioni che funzionano come veti contrapposti da
cui nessuno sa più come uscire. Nemmeno il canguro sembra più la tattica
giusta per saltare le difficoltà.
Anzi, Renzi potrebbe cadere
proprio per un salto troppo spericolato del super canguro. E non trovare
i numeri non solo sulla norma dell’adozione del figliastro – che verrà
debitamente separata e votata con voto segreto – ma pure sul resto della
legge che è diventata - anche quella - materia di ricatto.
Il
fatto è che nessuno si fida più non solo dei 5 Stelle ma del Pd dove è
risorta una guerriglia come sulla riforma costituzionale. Anzi, in stile
Italicum. La minoranza del Pd ieri ha lanciato il guanto di sfida a
Renzi ricordandogli quello che fece sulla legge elettorale: faccia con
le unioni civili quello che ha fatto con l’Italicum, gli hanno detto. Il
che vorrebbe dire mettere la fiducia come accadde, appunto, su quella
legge. Stessa sfida, detta in modo più chiaro, gli è arrivata dal
grillino Di Battista e si capisce perché. Non che la fiducia sia
un’ipotesi realistica ma in entrambi i casi l’obiettivo è quello di
mettere sempre più nell’angolo il premier, far esplodere le
contraddizioni con Alfano che non potrebbe mai votarla sia per l’aperta
contrarietà all’adozione – su cui chiedono lo stralcio - ma pure per i
“no” di alcuni suoi senatori su altre norme della legge.
Dalla
parte opposta, i giovani turchi – altra corrente del Pd – non vogliono
farsi scavalcare a sinistra dai bersaniani e quindi pure loro hanno
posto l’aut aut: se c’è lo stralcio sulle adozioni si mina l’unità del
Pd. Tradotto vuol dire che ci sarebbe uno strappo nel voto in Aula. Nel
mezzo ci sono i catto-dem, alcuni più dialoganti di altri ma comunque
sul piede di guerra anche loro perché la battaglia identitaria sui
valori cattolici non la vuole perdere nessuno. Altra variabile è che la
prossima settimana - il 24 - ci sarà un pronunciamento della Consulta
proprio sulle adozioni delle coppie gay.
In attesa dell’assemblea
del Pd di domenica, dove Renzi parlerà e dirà cosa vuol fare, chi ieri
nel Pd dirigeva il traffico degli “altolà” di tutte le fazioni ha
cercato di non farsi prendere dal panico ma senza successo. Perché dopo
il voltafaccia dei 5 Stelle, gli avversari di Renzi hanno capito che
questo passaggio si può trasformare in un Vietnam parlamentare per il
premier. Con il vantaggio – rispetto all’Italicum – che il tema delle
unioni civili è molto comprensibile per l’opinione pubblica, rappresenta
un’area politica coerente con la minoranza di sinistra e dunque dei
voti importanti da non perdere o conquistare. Soprattutto dopo
l’ambiguità di Grillo si apre uno spazio elettorale a sinistra che
sembrava appaltato ai 5 Stelle.
A questo punto non c’è più modo
per Renzi di stare alla larga da questa battaglia. Voleva tenersi fuori,
mantenere un’equidistanza tra il Ddl Cirinnà e il mondo cattolico,
lasciare tutto nelle mani del Parlamento - e magari sperare che un voto
segreto impallinasse l’adozione – ma a questo punto deve mettersi in
gioco. E non lasciare tutto nelle mani del super canguro.