Il Sole 11.2.16
Unioni civili: primo voto ok, ma nel Pd è scontro
La
partita al Senato. L’asse Dem-M5S-Ala-Sel boccia la richiesta di non
votare il Ddl - Braccio di ferro con la Lega sugli emendamenti: si torna
a votare martedì
Zanda limita la libertà di coscienza a soli 3 emendamenti, i catto-dem insorgono
di Emilia Patta
ROMA
L’Aula del Senato ha respinto la richiesta di non passaggio all’esame
degli articoli del Ddl Cirinnà con 195 no contro 101 sì (la maggioranza
richiesta era 149 su 298 votanti). Il primo scoglio messo sulla strada
delle unioni civili dal leghista Roberto Calderoli e dall’ex alfaniano
Gaetano Quagliariello è stato dunque superato senza alcuna fatica, anche
grazie al voto palese deciso dal presidente del Senato Pietro Grasso.
La geografia del voto, anche se si tratta di una questione procedurale e
non di merito e quindi è solo indicativa, disegna quella “geometria
variabile” delle alleanze spesso attribuita a Matteo Renzi: in favore
dell’esame del testo si sono espressi compattamente i senatori del Pd
assieme a quelli verdiniani del gruppo Ala (19), del Movimento 5 stelle
(31) e di Sel-Gruppo misto (17). Per bloccare invece l’esame del testo
hanno votato i senatori centristi di Alleanza Popolare (tranne Bonaiuti e
Margiotta), Forza Italia (solo Anna Maria Bernini ha votato in dissenso
dal gruppo) e Lega. Considerando che sull’unico articolo contestato del
Ddl - ossia l’articolo 5 sulla stepchild adoption (l’adozione del
figlio naturale del compagno all’interno della coppia gay) - i contrari
nel Pd sono 27, nel Movimento 5 stelle 2 (altri 2 usciranno dall’Aula
facendo abbassare il quorum) e in Ala solo 1, il traguardo di portare a
casa il provvedimento compresa la stepchild adoption è per il Pd a
portata di mano. Sulla carta. Perché c’è l’incognita del voto segreto,
che sarà molto probabilmente concesso dal presidente del Senato
sull’articolo 5 e anche su altro (si stimano in una ventina i possibili
voti segreti).
Il caso politico più dolente resta interno al
partito del premier e riguarda i “dissidenti” cattolici, questa volta
quasi tutti renziani, contrarissimi all’adozione. Lo scontro è andato in
scena nel pomeriggio di ieri durante l’assemblea del gruppo convocata
dal presidente Zanda per comunicare gli emendamenti sui quali sarà
lasciata libertà di coscienza. In linea con quanto più volte detto dallo
stesso Renzi, che tuttavia si è personalmente espresso in favore della
stepchild adoption. La proposta di Zanda è quella di lasciare “liberi”
solo su 3 emendamenti: quello pro-affido al posto dell’adozione
presentato dal cattodem Stefano Lepri, quello opposto sulla piena
adozione per i gay presentato da Cecilia Guerra, e quello sull’articolo
22 di Donatella Mattesini che intende estendere la stepchild adoption
anche alle coppie di fatto eterosessuali (e non solo a quelle sposate
come è ora). Una scelta che ha fatto saltare su tutte le furie il
senatore Lepri che, facendosi “portavoce” dei cattodem, ha chiesto di
estendere la libertà di coscienza ad almeno altri 6 emendamenti. Alla
fine non c’è stato nessun voto del gruppo, e in buona sostanza la
questione è stata rimandata alla prossima settimana.
Così come
alla prossima settimana, da martedì, sono stati rimandati i prossimi
voti: oggi, ha deciso la Capigruppo chiesta da Zanda dopo il primo voto,
ci sarà solo la presentazione degli emendamenti. Né è stata fissata una
data entro la quale il Ddl deve essere approvato. Un modo per prendere
tempo e cercare di risolvere l’altra questione politica oltre a quella
interna al Pd, ossia la battaglia degli emendamenti con la Lega.
Calderoli aveva detto di essere disponibile a ritirare quasi tutti i
suoi 5mila emendamenti se il Pd avesse ritirato i due supercanguri messi
in campo, di cui uno a firma del renziano Andrea Marcucci che riscrive
tutta la legge e che se fosse approvato farebbe decadere tutti gli
emendamenti. Compreso quello a firma Lepri pro-affido, lasciando in
questo modo ai cattodem solo l’alternativa di votare il Ddl Cirinnà
compresa la stepchild adoption: sullo stralcio dell’articolo 5, almeno
al momento, non è infatti contemplata l’ipotesi libertà di coscienza.
Insomma, evitare il supercanguro è soprattutto interesse del Pd. Per non
lacerare il gruppo e per non inasprire più di quanto già non lo sia la
divisione con gli alleati centristi del governo.
Da Palazzo Chigi
Renzi, impegnato in serata nel Consiglio dei ministri sul decreto
banche, non commenta ufficialmente il primo voto sulle unioni civili. Ma
certo il risultato gli ha fatto piacere. Per il premier la priorità è
ora portare comunque a casa una legge sulle unioni civili, con o senza
la stepchild adoption. Aver comunque appoggiato sia pure in maniera
blanda la versione più “avanzata” del Ddl Cirinnà permetterà a Renzi, in
caso di sì del Senato all’articolo 5, di presentarsi agli occhi degli
elettori di sinistra che a giugno dovranno scegliere i sindaci delle
grandi città con una bandiera decisamente progressista.