Corriere 11.2.16
Un premier condizionato dalla paura di stravincere
di Massimo Franco
La
tregua al Senato è finita prima ancora di cominciare. E la prima
votazione ha avuto un esito trionfale per il governo: 195 voti contro la
proposta del leghista Roberto Calderoli e dell’ex ministro Gaetano
Quagliariello di non discutere nemmeno gli articoli della legge sulle
unioni civili, che ne ha raccolti appena 91. Lo scarto con le
opposizioni era un’enormità. In teoria, avrebbe consentito di accelerare
e chiudere la partita addirittura entro oggi, forse. Tanto più che il
Carroccio ha fatto di tutto per moltiplicare gli emendamenti, e
sgambettare la maggioranza.
Insomma, non ha esitato a provocare,
attaccando ruvidamente lo stesso presidente del Senato, Pietro Grasso,
accusato di non essere un arbitro imparziale. Ma di colpo sembra quasi
che Palazzo Chigi abbia deciso di frenare. Nessun voto prima di martedì
prossimo. Inviti a «sfidarsi lealmente» da parte del capogruppo del Pd,
Luigi Zanda, ai suoi parlamentari; e il monito a evitare «una deriva
verso una roulette» sui voti. Al punto che comincia a spuntare il
sospetto di una riforma depurata da quell’adozione dei bambini da parte
delle coppie omosessuali, fonte di tensioni trasversali.
Eppure,
fino a qualche giorno fa Renzi appariva convinto e soprattutto deciso a
vincere, anzi a stravincere: superando tutte le obiezioni, alleandosi
col Movimento 5 Stelle, e ghigliottinando la pletora delle modifiche
leghiste. Poi, sabato scorso Beppe Grillo ha inviato il suo «post»
contestatissimo dalla base del M5S sulla possibilità di votare secondo
coscienza. Palazzo Chigi ha lasciato capire che le adozioni non sono
esattamente il cuore della legge firmata dalla senatrice pd Monica
Cirinnà.
Così, dopo che ieri Grasso ha spiegato perché non
concedeva lo scrutinio segreto per gran parte delle votazioni, il
governo ha rallentato la corsa. Il Pd ha chiesto una pausa, come se
sperasse ancora in un’intesa per evitare il muro contro muro. E nella
confusione che regna sovrana ci si comincia a chiedere se e quanto
stiano influendo sulla decisione finale i sondaggi; i rapporti tra i Dem
e il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, recisamente contrario alle
adozioni; e l’attendismo di una Chiesa che aspetta di capire quale sarà
la ricaduta finale di questa girandola di proposte.
Può darsi che
nelle prossime ore ritorni la volontà di accelerare e chiudere la
partita. Eppure, la sensazione è che i fattori in campo siano più
numerosi di quanto appaiano: non tanto dentro ma fuori dal Parlamento. E
i tempi si allungano. Si voterà dal pomeriggio del 16 fino al 18. Poi
potrebbe esserci una sospensione e un ulteriore rinvio. Intanto restano
in piedi circa cinquemila emendamenti. Se è così, sarà un’approvazione
al rallentatore. E offrirà colpi di scena e manovre che esulano dal
merito della riforma. Ma questo si era capito da tempo.