mercoledì 10 febbraio 2016

Il Sole 10.2.16
Mattarella con Biden
L’Italia cerca il seggio al Consiglio Onu
di Lina Palmerini

Mattarella con Biden ha parlato di energia e Balcani - Poi volo a New York
Sicurezza energetica – con il dossier Nord Stream che non convince gli Usa – e stabilizzazione dei Balcani in Europa. La colazione tra il vice presidente Joe Biden e Sergio Mattarella ha girato soprattutto su questi due temi, sugli aspetti più controversi su cui sia amministrazione americana che l’Italia hanno intenzione di continuare a muoversi di comune accordo.
In particolare da Biden è arrivato l’apprezzamento per la posizione che Matteo Renzi ha tenuto all’ultimo Consiglio europeo riguardo alla necessità di diversificazione sia delle fonti energetiche che dei Paesi coinvolti. Un intervento che era stato fortemente critico verso Nord Stream e l’asse russo-tedesco al quale guardano con stessa – o forse maggiore – diffidenza anche gli americani. Ma Biden ha mostrato anche pieno appoggio e incoraggiamento alle iniziative di Mattarella sul pieno coinvolgimento dei Balcani in Europa e nelle politiche di sicurezze atlantiche. La scorsa estate il capo dello Stato aveva fatto più tappe in quelle aree sostenendo la causa di una piena integrazione e tenendo un discorso al Parlamento di Belgrado in cui promuoveva l’allargamento dell’Unione europea. Un approccio molto simile è quello statunitense che preme per un ingresso di quei Paesi anche nella Nato.
Dopo la colazione con Biden e la tappa al Congresso, Sergio Mattarella è volato a New York dove, in serata, ha partecipato al ricevimento organizzato dall’ambasciatore presso l’Onu Cardi. Non solo cortesia e formalità ma la cena è stato il primo passo per cominciare l’azione di promozione della candidatura italiana al seggio non permanente del consiglio di sicurezza Onu. Tutta la giornata di oggi, infatti – la visita al Palazzo di Vetro, il colloquio con Ban Ki-moon – sono focalizzati a portare a casa più consensi possibile dai 193 Paesi che dovranno votare per il seggio temporaneo nel biennio 2017-2018. I nostri competitors sono Svezia e Olanda e la “promozione” del Quirinale farà leva su due aspetti: il primo è la vasta presenza italiana nei teatri di crisi in cui sono coinvolte forze dell’Onu, a cominciare da Unifil dove ci sono circa mille italiani; il secondo aspetto è che l’Italia è l’ottavo contributore delle Nazioni Unite.
Soprattutto sul primo aspetto la candidatura italiana è molto forte rispetto alla Svezia (pressoché assente nelle operazioni di pace) ma anche all’Olanda. Inoltre Mattarella spiegherà che il principale atout dell’Italia è di essere il Paese più esposto in quella che sarà l’area di maggiore interesse per le crisi internazionali: il Mediterraneo. E dunque la posizione geografica dell’Italia ma anche la sua esperienza in quelle zone rende la candidatura italiana coerente con quelli che saranno i target di intervento dell’Onu.
È chiaro che è una partita ancora molto aperta ma quello che l’Italia sta cercando di fare in queste settimane in vista del voto di fine giugno è riuscire ad avere i due terzi dei voti dei 193 Paesi: se non si riuscisse a centrare questo target si andrebbe al ballottaggio e tutto diventerebbe più complicato. Insomma, a Mattarella è affidata gran parte dell’offensiva diplomatica Onu e il senso della sua tappa a New York si concentra su questo fronte.
La mattina di ieri era invece cominciata con una colazione a quattro con i tre più influenti commentatori americani: Thomas Friedman del «New York Times», Jim Hoagland del «Washington Post» e William Christol di Abc News. Con loro si è parlato prevalentemente delle divisioni dell’Europa sotto stress per la pressione della crisi economica e i flussi migratori. «L’idea nazionalistica è illusoria», ha detto il capo dello Stato ai suoi interlocutori criticando le posizioni di quei Paesi Ue che hanno reagito all’ondata di profughi alzando filo spinato e nuovi muri o premendo per la sospensione di Schengen. Nelle sue parole si è anche percepita una critica alla Germania quando ha detto che oggi servirebbe «un’azione generosa come nel 1989 quando tutta l’Europa contribuì alla riunificazione tedesca e dei Paesi dell’Est dopo la caduta del muro di Berlino». Se ne deduce che il capo dello Stato oggi non veda quella stessa generosità proprio nei Paesi che allora ne beneficiarono.