il manifesto 10.2.15
I turbamenti della giovane sinistra milanese
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primarie. La candidatura di Beppe Sala apre uno spazio politico inedito
per quell'area che non può riconoscersi nel sindaco del partito della
nazione. All'orizzonte si profila una lista unica con Prc, Possibile e
Lista Tsipras che si pone l'obiettivo di includere tutti coloro che il
prossimo giugno non voteranno l'ex manager dell'Expo. Resta il dilemma
del candidato, sempre che Pippo Civati non decida di metterci la faccia
per sostenere un progetto di cui non sono ancora stati definiti contorni
e obiettivi. Nel frattempo, i milanesi di Sel sono in conclave per
decidere cosa fare da grandi
di Luca Fazio
MILANO
A Milano, il giorno dopo le primarie che hanno archiviato l’esperienza
arancione di Giuliano Pisapia, la sinistra-sinistra improvvisamente si
ritrova al centro della scena pur in assenza di contenuti chiari e di un
progetto di lunga durata. Ci stanno lavorando da mesi, dicono che entro
febbraio presenteranno una lista e un candidato. Lo sa anche Giuseppe
Sala che quello spazio politico ancora senza direzione è destinato ad
intercettare i voti di quei milanesi che a giugno non lo voterebbero
neanche sotto tortura (almeno al primo turno). Sembra che il quasi
sindaco manager abbia dedicato un pensiero carino ai “compagni di Sel” e
a tutti i delusi in libera uscita che potrebbero metterlo in difficoltà
in vista del ballottaggio: con il suo non esaltante 42% si è accorto
che per vincere a Milano forse non basta guardare al centro.
Inutile
nascondere che questo ritrovato protagonismo sta ringalluzzendo diversi
soggetti e aree politiche da tempo rimasti ai margini, anche troppi, ma
tutti sono consapevoli che l’operazione è molto complicata perché dopo
cinque anni di governo della città la vera sconfitta è proprio la
sinistra in tutte le sue articolazioni. Rimettere insieme i cocci è una
faccenda quasi disperata. Nessuno lo nasconde. L’area che comprende Prc,
Possibile e Lista Tsipras (più altri pezzi di comitati) sta cercando di
convincere Pippo Civati ad accettare la sfida. Lui dice e non dice, ma
mai come in questi giorni è tornato alla ribalta, prima spiega che non
ha intenzione di candidarsi e poi lascia intendere che, chissà, magari a
certe condizioni potrebbe anche farci un pensierino. Un buon metodo per
occupare la scena e per farsi pregare, anche da quei pezzi romani di
Sinistra Italiana che spingono per convincere (o costringere) i compagni
milanesi di Sel rimasti incastrati con Francesca Balzani ad abbandonare
l’ipotesi Sala mascherata in salsa arancione.
Pippo Civati ha
sempre detto che preferirebbe una candidatura civica, ma fino ad ora
nessuno è riuscito a pescare il jolly. Semplicemente perché non esiste
una candidatura civica di alto profilo disposta a prendersi la patata
bollente. A meno di clamorosi colpi di scena, rimane lui l’unica figura
che potrebbe unificare tutti quei pezzi, anche poco dialoganti tra loro,
che in questi giorni stanno sondando il terreno autonomamente. Ma non è
detto che Civati abbia intenzione di metterci la faccia per sostenere
un’operazione politica che senza un cambio di marcia rischia di
somigliare alla solita aggregazione di ceto politico residuale incapace
di inventare scenari e linguaggi nuovi. In assenza di un candidato forte
(o presunto tale) c’è anche il rischio che in alternativa a Beppe Sala
si formino più liste civiche variamente orientate a sinistra piene di
politici di vecchia data in cerca di una seconda (o terza, o quarta)
chance. Sarebbe comico.
In casa Prc (sono loro che insieme a
Possibile stanno cercando la sintesi politicamente più spendibile) sono
consapevoli della necessità e insieme della difficoltà di allargare il
recinto tenendo insieme tutti quelli che per diverse ragioni non votano
Sala: “Stiamo lavorando per qualcosa di più ampio della
sinistra-sinistra, pensiamo a una lista civica unitaria e di sinistra,
ambientalista e progressista capace di tenere insieme Prc, Possibile,
pezzi di Sel, comitati di quartiere, esperienze che già lavorano nei
territori, socialisti e comitati civici”. Renderla digeribile e
votabile, è il compito più difficile. I più ottimisti sostengono che
così facendo si potrebbe puntare al 10%, ma sarebbe meglio interpretare
la realtà a una cifra sola. In ogni caso, anche se la questione potrebbe
sembrare prematura, bisognerà poi capire come spendere quel capitale di
voti in caso di ballottaggio. Va bene ricostruire un barlume di
sinistra, ma per farne cosa?
A latere, ma nemmeno troppo, ci sono
poi i tormenti di Sel che – probabilmente – non può permettersi di
convergere con un triplo salto mortale su questo tentativo di
ricostruzione di una sinistra informe che ancora non ha un orizzonte
condiviso. C’è chi vorrebbe aggregarsi a una lista arancione con a capo
Francesca Balzani per rendere meno disonorevole l’appoggio al manager di
Expo, e chi invece sta pensando di abbandonare la partita. Il dibattito
è aperto, anche se il film è ancora tutto da inventare.