il manifesto 9.2.16
Divisi e perdenti
Dopo il risultato delle primarie di Milano
di Norma Rangeri
I
miracoli a Milano non si ripetono. La politica esce sconfitta e la
sinistra resta ai margini. Sono queste le tre conseguenze principali che
l’esito del voto per le primarie milanesi ci consegna. E non ci voleva
un premio nobel per prevederlo.
Il candidato sindaco di Milano è
Giuseppe Sala. Francesca Balzani, pur sponsorizzata dall’attuale
sindaco, ha perso e con lei dalla sfida dei seggi esce perdente anche
l’altro nome della sinistra milanese, Pierfrancesco Majorino.
Volevano battere Sala, è successo esattamente il contrario.
Si
tratta di un esito abbastanza scontato, assistiamo a una scena
purtroppo già vista mille volte: la sinistra si divide e deve
accontentarsi di giocare un ruolo secondario, di portabandiera ai
margini del campo. Se ci fosse stata una candidatura unitaria, con
l’ambizione di fare del modello-Pisapia uno spartiacque anche per la
politica nazionale, un’alternativa al partito pigliatutto di Renzi,
probabilmente avrebbe persino rischiato di vincere. Perché i voti di
Balzani e Majorino arrivano al 57% e quelli per Sala si fermano al 42%. E
se è pur vero che è sempre difficile sommare le preferenze, è
altrettanto evidente che partire divisi è già abbonarsi alla sconfitta.
Alla condizione di debolezza della sinistra ha in parte contribuito proprio lo stesso Pisapia.
Dopo
aver lanciato il fulmine annunciando la sua indisponibilità a rinnovare
l’incarico, per lunghi mesi non ha incentivato la costruzione di una
candidatura unitaria della sinistra, e solo all’ultimo ha designato
l’erede mentre il presidente del consiglio bruciava i tempi puntando
dritto sull’uomo di Expo.
Oltretutto, Sala ha mancato quello
sfondamento oltre il perimetro del centrosinistra, come l’affluenza
degli elettori, inferiore a quella del 2010, conferma. Un nome che non
piace a più della metà degli elettori del centrosinistra sarà difficile
che venga votato con entusiasmo da quest’area politica. Specialmente se,
a sinistra, si dovesse configurare una nuova coalizione, tra quelli che
non hanno condiviso la scelta delle primarie e che ora pensano a una
lista elettorale con il nome di Civati.
Certo è complicato, per
esempio per una forza come Sel, che si è molto divisa sulla
partecipazione a uno schieramento guidato dall’uomo di Expo, ora
rinnegare il patto di fedeltà siglato dalle primarie.
Il secondo
messaggio che arriva dall’ex capitale morale d’Italia è che alle
elezioni vere e proprie se la vedranno tre figure analoghe: oltre a Sala
si scaldano ai blocchi di partenza Corrado Passera e l’ex direttore
generale di Confindustria, Stefano Parisi.
Così quella che
dovrebbe essere una sfida politica diventa una competizione tra uomini
d’affari, tra manager di riferimento per il mondo della finanza.
Più
che i competitori per l’elezione di un sindaco sembrano capicordata
impegnati in una battaglia su chi dovrà essere nominato come
amministratore delegato. Difficile vederci una continuità con il modello
Pisapia, difficile considerare il manager Sala erede di quella
coalizione arancione che, dopo vent’anni, riuscì a sconfiggere il
centrodestra nel bastione del leghismo e del berlusconismo.
E
allora dove vivrà la spinta che fece il miracolo arancione, chi
esprimerà l’anima della città che scelse il cambiamento? E’ Sala l’erede
di Pisapia?