martedì 9 febbraio 2016

Il Sole 9.2.16
Verso le amministrative
Il Pd e i rischi della «rottura» del centrosinistra
Anche a Milano, dopo i risultati delle primarie, possibile una candidatura alternativa di Sel - Fratoianni: «Una stagione è finita, in corso riflessione»
di Emilia Patta

Non c’è dubbio che la vittoria di Giuseppe Sala alle primarie milanesi è un successo politico per Matteo Renzi,che non ha mai nascosto di puntare sull’ex presidente Expo per mantenere nelle mani del Pd e del centrosinistra il timone di Palazzo Marino. Una personalità, quella di Sala, che guarda evidentemente all’elettorato moderato e che proprio per questo appare sulla carta vincente alle urne “vere” di giugno. Eppure, appena messa in qualche modo in sicurezza Milano quando invece la partita a Roma e a Napoli si presenta tutta in salita per il Pd, la vittoria di Sala ai gazebo di sabato e domenica rischia di essere la spallata finale a quel che resta del centrosinistra inteso come coalizione “classica”. Tanto che a sinistra del Pd non si esclude un possibile candidato anti-Sala. Con l’incubo, per il Pd, di ripetere l’esperienza ligure dove la candidatura cofferatian-civatiana di Pastorino ha contribuito alla vittoria del forzista Giovanni Toti.
«È evidente che una stagione è finita», dice il coordinatore di Sel Nicola Fratoianni commentando il voto milanese. Fratoianni è, nel partito fondato da Nichi Vendola, uno dei più critici verso il Pd di Renzi. Ma i vendoliani a Milano sono stati per così dire lasciati liberi di partecipare alle primarie dividendosi tra Francesca Balzani (che ha ottenuto il 33,8%) e Pierfrancesco Majorino (22,9%). Insieme i due candidati anti-Sala fanno 56,7 per cento. Ma anche Fratoianni ammette che in politica la matematica vive di leggi diverse e che i voti non si possono semplicemente sommare. «Ma certo la divisione a sinistra ha reso ancora più improbabile la sconfitta di Sala». Niente di personale, naturalmente, ma per caratteristiche e provenienza del personaggio «con Sala si chiude la stagione arancione di Giuliano Pisapia». Che fare, dunque? Si scappa con il pallone? «Dico solo che la chiusura di una stagione politica impone una riflessione», rimarca Fratoianni.
Eppure proprio il sindaco uscente Pisapia, di provenienza vendoliana ma convinto “coalizionista”, ha lavorato con impegno e convinzione per mantenere largo il perimetro del centrosinistra e a salvaguardare il senso politico della stagione che nei prossimi giorni potrebbe chiudersi. D’altra parte, nella geografia nazionale la coalizione di centrosinistra così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 20 anni appare ormai sempre più rara, e nelle grandi città resta in piedi solo a Trieste per la conferma di Cosolino e a Cagliari per la conferma di Zedda: le candidature della sinistra autonome dal Pd prevalgono.
Il dato di fatto è che il quadro politico dalle ultime comunali, dopo le elezioni del 2013 “non vinte” dal Pd di Bersani, è completamente cambiato: è la prima volta negli ultimi vent’anni - quelli della stagione Prodi-Amato-D’Alema, se si eccettua la divisione del Prc in corso di legislatura del 1998 - che la sinistra cosiddetta radicale si trova all’opposizione di un governo guidato dal leader della sinistra riformista. Quando Fratoianni proclama «il Pd è nostro avversario» in fondo fotografa una realtà. Pd e sinistra sono poi su opposti fronti in vista del referendum confermativo d’autunno sulla riforma costituzionale del Senato e del Titolo V. E lo stesso Italicum voluto dal premier e segretario del Pd, con il premio alla lista e non più alla coalizione, è il trionfo della vocazione maggioritaria di veltroniana memoria e la certificazione della morte delle coalizioni a livello nazionale.
I motivi politici della separazione tra Pd e sinistra sono insomma più di uno, ma a livello locale il rischio è una debacle per il partito del premier: se un 5-6% è inutile per vincere, può essere utile per far perdere i candidati del Pd. Perché le leggi elettorali per i Comuni prevedono le coalizioni, e il fiorire di candidature a sinistra del Pd (a cominciare da Roma, dove l’ex dem Stefano Fassina è già in pista e punta all’asse con il defenestrato Ignazio Marino) evoca il rischio di un effetto-Pastorino moltiplicato per le tante città al voto. Per questo l’esito della vicenda milanese nei prossimi giorni è di particolare importanza.