il manifesto 7.2.16
Amnesty: liberate i minori palestinesi in detenzione amministrativa
Israele/Territori
occupati. Il centro internazionale a difesa dei diritti umani chiede il
rilascio del 17enne Mohammad al Hashlamoun, in carcere senza processo
per ordine del ministro della difesa Moshe Yaalon. Erano 400 a dicembre i
minori palestinesi in prigione
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
Sotto nuvole gonfie di pioggia, con un vento gelido che tagliava la
faccia, migliaia di palestinesi ieri hanno seguito il lungo corteo
funebre che ha accompagnato nel suo ultimo viaggio Haitham al Baw, il
14enne ucciso venerdì dagli spari dei soldati israeliani non lontano dal
suo villaggio, Halhul. Il ragazzo, dice il portavoce militare,
intendeva lanciare, assieme al cugino 12enne Wajidi, una bottiglia
molotov contro un autobus di coloni ebrei diretti a Hebron. Una
pattuglia dell’esercito presente in zona lo ha scorto e fatto fuoco,
uccidendolo. Per i palestinesi Haitham è solo l’ultimo dei tanti, troppi
ragazzi, talvolta poco più che bambini, uccisi dai soldati. In molti
casi durante accoltellamenti di israeliani, tentati o compiuti durante i
passati quattro mesi dell’Intifada di Gerusalemme, in tanti altri no.
Ha fatto clamore il caso di Ruqayya Abu Eid, la 13enne uccisa dalla
guardia privata dell’insediamento israeliano di Anatot che avrebbe
cercato di colpire con un coltello. Riecheggia l’accusa di “esecuzioni
extragiudiziali” rivolta qualche settimana fa a Israele dalla ministra
degli esteri svedese Margot Wallstrom di fronte alla quasi sistematica
uccisione sul posto degli assalitori palestinesi. Accusa respinta con
rabbia dal governo Netanyahu.
La vicenda dei ragazzi palestinesi
in questi mesi di Intifada – che dovrebbe essere chiamata l’Intifada dei
giovani più che di Gerusalemme – è anche fatta di centinaia di arresti,
di detenzioni per giorni, settimane se non addirittura destinate a
durare anni. Le nuove leggi israeliane prevedono pene severissime anche
per chi lancia pietre. E le porte del carcere per i palestinesi
minorenni si aprono anche con la “detenzione amministrativa”, quella
senza processo, per sei mesi rinnovabili che viene sanzionata dai
giudici israeliani su richiesta dei servizi di sicurezza, anche in
mancanza di prove certe. Ne sa qualcosa il 17enne Mohammad al
Hashlamoun, arrestato lo scorso 3 dicembre a Ras al Amoud (Gerusalemme) e
di cui Amnesty International venerdì ha chiesto il rilascio. Mohammad
dopo l’arresto è rimasto in cella per 18 giorni alla stazione centrale
di polizia di Gerusalemme dove gli agenti dello Shin Bet, il servizio di
sicurezza interna, lo hanno interrogato su una sua presunta intenzione
di compiere attentati. L’adolescente palestinese ha sempre negato. Era
stata anche decisa la sua liberazione ma il ministro della difesa Moshe
Yaalon ha firmato un ordine di detenzione amministrativa che alla sua
scadenza, il 20 giugno, potrebbe essere rinnovato per altri sei mesi.
Amnesty ha chiesto alle autorità israeliane di rilasciare Mohammad «a
meno che non sia accusato di un reato riconosciuto e processato in
conformità con gli standard internazionali».
Alle fine di dicembre
oltre 400 minori palestinesi si trovavano nelle carceri israeliane,
inclusi sei in detenzione amministrativa (quattro dei quali sono stati
rilasciati il mese scorso). Questo tipo di arresto, di fatto preventivo,
è stato usato per la prima volta in quattro anni nei confronti di
minori palestinesi lo scorso ottobre, per un caso di lancio di pietre.
Ayed Abu Eqtaish, responsabile dell’ufficio locale di Defense for
Children International , ribadisce che «La detenzione amministrativa non
deve mai essere usata come un sostituto del procedimento penale quando
non vi sono prove sufficienti per ottenere una condanna». Israele è
stato ripetutamente criticato per l’uso che fa di questo tipo di
detenzione. Non pochi prigionieri palestinesi negli ultimi anni hanno
attuato lunghi scioperi della fame per protestare contro la detenzione
amministrativa. L’ultimo in ordine di tempo è Mohammed al Qiq, un
giornalista arrestato alla fine di novembre dall’esercito israeliano,
che digiuna da oltre due mesi e chiede di essere liberato
immediatamente. Le sue condizioni sono critiche. I medici che lo hanno
visitato avvertono che potrebbe morire in pochi giorni.