il manifesto 5.2.16
Chi sono i nemici di Mr Draghi?
Inflazione.
Il presidente della Bce ha messo in allarme il continente su una
possibile "cospirazione", ma la risposta è semplice: a marciare contro
sono gli stessi governi che perseguono le politiche di austerity
di Alfonso Gianni
Non
c’è dubbio che Mario Draghi sia uno di quegli uomini che quando parla è
bene starlo a sentire. Sia che si concordi o meno. Celebre ed efficace è
stato il «whatever it takes!» pronunciato nel luglio del 2012 che ha
permesso di evitare – almeno finora – l’implosione dell’Eurozona e della
moneta unica. Per questo non si può restare indifferenti di fronte alla
denuncia nei confronti di «forze che cospirano per tenere bassa
l’inflazione» che il Presidente della Bce ha elevato in una pubblica
conferenza organizzata dalla Bundesbank a Francoforte.
Di solito
era la sinistra a indulgere alle teorie del complotto. Al punto che uno
dei più importanti dirigenti del Pci, Aldo Tortorella, intellettuale
raffinato e dotato di senso dell’umorismo, è solito ironizzarci sopra,
dicendo che la sinistra è spesso vittima delle sue stesse macchinazioni.
Qui invece il “complottismo” viene agitato da ben altra sponda.
Da
quando la dichiarazione è comparsa sulle agenzie di tutto il mondo si è
aperta una caccia all’interpretazione autentica del pensiero draghiano.
Cosa avrà voluto dire? Con chi ce l’ha questa volta? Non vogliamo
ergerci a esegeti, ma forse se applichiamo lo schema “alla Tortorella”,
cambiandone i protagonisti, ci avviciniamo alla verità: i cospiratori
vanno ricercati tra i palesi responsabili della grande crisi.
La
stessa Bce nel suo bollettino mensile prevede «che i tassi di inflazione
rimangano estremamente contenuti o che passino in territorio negativo
nei prossimi mesi». L’obiettivo della Bce, di raggiungere e stabilizzare
il 2% di inflazione è quindi assai lontano. Per questo Draghi aveva
assunto nuove misure e un potenziamento del Quantitative Easing. Ma
l’esito, come non era difficile prevedere, è stato per ora una debacle.
Al punto che le previsioni della stessa banca centrale su un
innalzamento dei tassi inflazionistici alla fine del 2016 non appaiono
fondate altro che sulla speranza che le nuove misure di politica
monetaria abbiano una qualche influenza diretta sulla crescita
dell’economia reale. Poiché questo non è avvenuto, malgrado i fiumi di
denaro pompati dalla Bce, non vi è ragione di credere che possa avvenire
domani a situazione dell’economia reale inalterata. Siamo nel campo
assai aleatorio del pensiero desiderante, ovvero del wishful thinking.
Chi
sono dunque i «cospiratori»? Le forze che concorrono a tenere bassa
l’inflazione? Non c’è bisogno della cassetta degli attrezzi del piccolo
investigatore per scoprirlo. Basta guardarsi intorno. Sono in primo
luogo le forze economiche e politiche che con particolare accanimento in
Europa perseguono politiche di austerità e torsioni neoautoritarie, che
impediscono lo sviluppo della domanda di consumi, non solo materiali, e
di investimenti in settori innovativi capaci di rispondere ai bisogni
di una società matura. Quelle che distruggono il welfare state per farne
un campo di conquista della finanza. Quelle che aprono alle pretese del
Regno Unito – vedi il nuovo progetto di Donald Tusk, presidente del
Consiglio europeo, per impedire Brexit (considerato assai più pericoloso
di Grexit) – di distinguere tra lavoratori nazionali e migranti in
termini di accesso al welfare, mettendo in discussione così uno dei
pilastri dello stesso mercato unico, ovvero la libertà di circolare e
lavorare a parità di diritti sociali rispetto ai residenti locali.
Sono
le forze che infieriscono brutalmente sul sistema pensionistico greco.
Quelle che puntano tutto sulla speculazione finanziaria quale forma
preferenziale se non esclusiva di massimizzazione dei profitti, facendo
così levitare nuovamente la massa di titoli finanziari derivati sopra ai
livelli antecrisi. Sono quelle che giocano sul prezzo del petrolio e
delle materie prime, anche contro i loro interessi immediati in nome di
mirabolanti disegni di riposizionamento su uno scacchiere mondiale in
movimento, minacciato da guerre che si allargano. Quelle che si
preparano a fare le barricate contro l’invasione dei prodotti cinesi, a
seguito dell’accettazione della clausola di economia di mercato, mentre
contemporaneamente spingono per la firma del Ttip, che renderebbe
indifendibile lo spazio giuridico ed economico europeo dal dominio delle
multinazionali a prevalenza statunitensi.
Quelle, come il
“nostro” Renzi, che invocano la flessibilità per alcuni decimali contro
le norme di trattati che essi stessi hanno contribuito a scrivere, e a
costituzionalizzare, anziché proporsi di cambiarli da cima a fondo.