il manifesto 4.2.16
La svolta dell’Intifada
Gerusalemme.
L'attacco armato compiuto ieri alla Porta di Damasco da tre giovani
palestinesi di Jenin forse indica l'abbandono del carattere spontaneo
della nuova Intifada. Per l'analista Hamada Jaber «nei prossimi giorni o
settimane vedremo altri organizzati come questo». Quattro i morti di
ieri, i tre assalitori e una poliziotta israeliana.
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
È stata un’azione spontanea di tre giovani, come gli attacchi che da
ottobre i palestinesi lanciano contro soldati, poliziotti e coloni
israeliani, oppure siamo di fronte a una escalation armata e organizzata
dell’Intifada? Era questo l’interrogativo che molti si ponevano ieri
dopo l’attacco compiuto alla Porta di Damasco a Gerusalemme Est, con
un’arma automatica, da tre giovani di Qabatiya, una cittadina a pochi
chilometri da Jenin, in Cisgiordania. Dopo la sparatoria, sul terreno
sono rimasti proprio i tre palestinesi – Ahmed Zakarneh, Mohamed Kmail e
Ahmed Abu Al Rub, con una età compresa tra 20 e 21 anni – uccisi pochi
istanti dopo che avevano aperto il fuoco contro una poliziotta, che li
aveva fermati per un controllo dei documenti, e un’altra agente di
polizia. Una delle due israeliane ferite, Hadar Cohen di 19 anni, è
deceduta poco dopo il trasporto all’ospedale Hadassah
«Credo che
nei prossimi giorni o settimane vedremo altri attacchi di questo tipo»,
prevede Hamada Jaber, analista del “Palestinian Center for Policy and
Survey Research” di Ramallah. «È una evoluzione logica. Perchè la
situazione politica è paralizzata, mancano segnali diplomatici
rilevanti» spiega Jaber «Israele prosegue le sue politiche di
occupazione e l’Autorità nazionale palestinese è incapace di trovare
alternative concrete alla sua linea del dialogo giudicata inutile un po’
da tutti». I giovani palestinesi, aggiunge l’analista, «sono stanchi
dell’occupazione, soffrono la mancanza di libertà, sentono di vivere in
enormi prigioni. Ma sono insoddisfatti anche dell’atteggiamento
dell’Anp. In questi anni peraltro sono caduti nel vuoto gli appelli
all’unità tra Fatah e Hamas e ciò aumenta la frustrazione generale (i
rappresentanti dei due movimenti si incontreranno tra qualche giorno per
negoziare la riconciliazione, ndr)».
Ieri tutto è accaduto in
pochi attimi davanti alla Porta di Damasco, il principale degli ingressi
nella città vecchia di Gerusalemme, luogo frequentato anche dai turisti
e dove passano molti israeliani: gli ebrei ortodossi che vanno a
pregare al Muro del Pianto e i coloni insediati nel cuore del quartiere
islamico. Secondo la versione israeliana, le due poliziotte avevano
fermato i tre giovani per un controllo dei documenti. Mentre uno li
mostrava, un altro ha estratto una pistola e cominciato a sparare. Il
terzo si sarebbe lanciato all’assalto con un coltello. Due poliziotte
sono rimaste ferite, una mortalmente. I tre palestinesi sono stati
abbattuti poco dopo dalle raffiche esplose da altri agenti. Nella zona
sarebbero stati trovati alcuni ordigni esplosivi rudimentali. Non è
escluso che fosse un altro l’obiettivo dell’attacco, forse all’interno
della città vecchia. I tre potrebbero aver cambiato il loro piano quando
sono stati fermati dalla polizia.
Poco dopo sono divampati
scontri quando la polizia ha cominciato a disperdere i palestinesi che
si erano radunati nell’area della Porta di Damasco. Gli agenti hanno
lanciato granate assordanti e fatto uso di spray al peperoncino. Decine
di persone sono state fermate e perquisite. Sono oltre 160 i palestinesi
uccisi dallo scorso ottobre e fra questi almeno cento sono stati
colpiti dalle raffiche dei militari dopo aver tentato o compiuto
attacchi. Tuttavia diverse parti, anche internazionali, denunciano
queste morti come “esecuzioni extragiudiziali” compiute da militari
israeliani che sparerebbero sempre per uccidere. Il governo Netanyahu ha
reagito con rabbia all’accusa e parla di “reazione proporzionata alla
minaccia”. Sono almeno 26 invece gli israeliani uccisi dall’inizio della
nuova Intifada.
Diverse formazioni palestinesi, a cominciare dal
movimento islamico Hamas, hanno applaudito all’attacco alla Porta di
Damasco. Per il Fronte popolare per la liberazione della Palestina
«l’accaduto dimostra che l’Intifada non è affatto destinata ad
esaurirsi». Secondo Hamada Jaber non è escluso che una o più fazioni
palestinesi siano dietro gli ultimi attacchi, incluso quello di domenica
scorsa quando un poliziotto dell’Anp ha aperto il fuoco e ferito tre
soldati al posto di blocco di Bet El (Ramallah). «Leggiamo sui social
che i tre giovani intendevano vendicare un loro amico ucciso dagli
israeliani ad un posto di blocco. E’ possibile ma a mio avviso l’attacco
(di ieria Gerusalemme) è stato pianificato. Per tre ragazzi che
venivano dalla lontana Jenin, senza permesso, non era facile entrare in
città armati superando posti di blocco e controlli israeliani», spiega
Jaber «In ogni caso – conclude l’analista – chiunque sia dietro questa
azione armata non la rivendicherà, per non essere bersaglio della
reazione delle forze di sicurezza di Israele e dell’Anp».