il manifesto 2.2.16
Nei movimenti tutte le strade portano a Bernie Sanders
Primarie
 Usa. Occupy e Black Lives Matter, la sinistra Usa scende in piazza e ha
 scelto il proprio candidato per la Casa bianca. La lotta all’«1%» non è
 più uno slogan per pochi «radical» ma è il vero punto della campagna 
democratica
di Marina Catucci 
NEW YORK Un 
matrimonio scritto in cielo, questo è l’incontro tra Bernie Sanders, il 
«socialista» in corsa per la Casa Bianca e Occupy Wall Street, il 
movimento nato nel 2011 sui temi della diseguaglianza sociale ed 
economica; OWS, che nel 2012 non aveva pubblicamente sostenuto Obama 
(anche se di certo non ha remato contro), ora sta attivamente 
collaborando all’ascesa di Sanders, che da parte sua ha abbracciato gli 
slogan del movimento e non manca di citare «l’1%» in ogni comizio.
Sabato
 scorso a New York, città natale di Sanders, c’è stato un corteo di 
qualche migliaio di persone dal percorso a dir poco simbolico: partenza 
da Union Square (la piazza del sindacato) e arrivo a Zuccotti Park, da 
dove Occupy aveva cominciato. Nella piazza, che non era così piena da 
tanto tempo, gli slogan di Occupy e a quelli sostegno di Sanders si 
mischiano, anche perché sono stati creati dalle stesse persone.
OWS
 ha mostrato dal primo giorno la propria capacità di comunicazione, 
tratto distintivo di un movimento che in pochissimo tempo ha acquisito 
un’identità immediatamente riconoscibile e che ha marcato un prima e un 
dopo nelle modalità di protesta.
L’hashtag #FeelTheBern, che è 
diventato lo slogan della campagna di Sanders è opera degli Occupier, e a
 Des Moines, in Iowa, l’ex quartier generale di Occupy è ora quello di 
Sanders.
Ma com’è successo che un movimento che è sempre stato 
slegato dalla politica istituzionale appoggi ora un candidato per la 
presidenza?
«Occupy resta un movimento leaderless, senza un capo, 
ma come ogni movimento è per sua stessa natura in costante evoluzione – 
spiega Marcus, che nel 2011 era parte del primo nucleo di Occupy Wall 
Street – con Sanders condividiamo l’idea che la disparità economica 
causata da Wall Street porti un indotto di disparità sociali non più 
ignorabile, e Sanders non potrebbe essere dove si trova oggi, staccato 
da Hillary Clinton di soli pochi punti nei sondaggi, se Occupy cinque 
anni fa non avesse aiutato a focalizzare l’attenzione degli americani 
sulle idee che sono ora al centro della sua campagna».
Un terreno preparato dal movimento, quindi, quello sul quale sta fiorendo Sanders.
In
 effetti fino all’occupazione di Zuccotti Park argomenti ora popolari e 
quasi luoghi comuni erano narrativa per cellule di ultra radicali e non 
trovavano spazio altrove, mentre ora il concetto che una piccolissima 
percentuale della popolazione fiorisca a scapito della maggior parte 
della popolazione è una nozione comune e in pochi credono al modello 
americano per cui se sei ricco è merito tuo e se sei povero è solo colpa
 tua, perché tutti hanno pari possibilità.
Gli Stati Uniti sono cambiati.
Il
 termine «socialista», che solo dieci anni fa era un’offesa pari a 
fascista, è completamente sdoganato. New York, ad esempio ha un sindaco 
fieramente socialista, unico altro politico ad aver ricevuto l’appoggio 
di Occupy durante la sua candidatura.
«Io ho 70 anni – dice Maggie
 – negli anni ’60 per la prima volta ho pensato che il mondo potesse 
cambiare radicalmente e ne sono ancora convinta, per questo sono in 
piazza con Occupy Wall Street ad appoggiare Sanders. Quello che ho 
capito è che il mondo non si può cambiare in un giorno, in un unico 
movimento. Cambiare il mondo è un percorso, ora una parte di questa 
strada la può fare la Casa Bianca. Io ho sempre votato democratico ma 
nessun presidente può fare la rivoluzione, quella la deve fare il 
popolo, un presidente, però, può non sopprimerla. Obama non ha mai 
represso Occupy, sarebbe stato uguale con Romney? Non credo proprio».
Tra
 le facce note c’è anche quella di uno dei simboli di OWS, Ray Lewis, 
capitano della polizia di Philadelphia in pensione che indossando la sua
 vecchia divisa ha sempre sfilato con i movimenti, incluso quello di 
Black Lives Matter a Ferguson.
Sì, perché le strade si 
intrecciano, e come molti militanti di OWS sono andati in Missouri per 
dare lezioni di comunicazione a BLM, così Sanders ha chiesto a Black 
Lives Matter di istruirlo sulle specifiche istanze della comunità 
afro-americana.
«Se il movimento è forte – dice il reverendo 
Osagyefo Sekou, figura nota di BLM – la politica istituzionale non può 
ignorarlo. Occuparsi di chi è al potere e ci rappresenta è un nostro 
compito».
«Sanders si occupa di ambiente, ha definito l’attuale 
minimo sindacale di $ 7,25 un “salario da fame” e ha chiesto che venga 
raddoppiato a $15 l’ora – dice Ben, 24 anni, neo laureato in agraria — 
Mentre Clinton stava portando la campagna presidenziale a livello 
mainstream, Bernie l’ha interrotta per tornare a Washington e fare 
ostruzionismo a un disegno di legge che senza dirlo ai cittadini 
accelerava il controverso Trans-Pacific Partnership attraverso il 
Congresso. Ecco, queste sono alcune ragioni per cui i movimenti sperano 
che il prossimo presidente sia Bernie Sanders».
 
