il manifesto 28.2.16
Ammassati al confine
Migranti. La 
Macedonia fa passare i migranti con il contagocce. In 25 mila bloccati 
in Grecia. Il governo rallenta gli arrivi dalle isole e si prepara a 
gestire una possibile crisi umanitaria.
di C. L. 
ROMA
 La Macedonia non arretra dalla sua decisione di non far passare i 
migranti. Anzi, insieme a Slovenia, Croazia e Serbia ha fissato 
arbitrariamente un tetto di 580 ingressi al giorno, e solo per siriani e
 iracheni. Ieri sera il cancello di ferro e filo spinato che si trova 
sul confine si è riaperto per pochi minuti, il tempo necessario per far 
passare 300 profughi prima di tornare a chiudersi di nuovo. La 
conseguenza è che al di là della frontiera, in Grecia, la situazione 
diventa ogni ora più drammatica, con migliaia di migranti in attesa che 
arrivi il loro turno per passare. A Idomeni, la località che si trova 
sul confine, ieri se ne contavano più di 5.500, tra i quali diverse 
centinaia di bambini. Unhcr e Medici senza frontiere, insieme ad alcune 
ong greche, hanno aumentato il numero delle tende e distribuito sacchi a
 pelo, ma negli ultimi giorni le condizioni del tempo sono peggiorate e 
questo rende tutto ancora più difficile. Stessa cosa a Polykastro, una 
ventina di chilometri a sud del confine, dove in una stazione di 
servizio si contano ormai più di mille persone in attesa.
Sono 
circa 25 mila i profughi fermi in Grecia, bloccati dal giro di vite 
imposto dai paesi balcanici. Una situazione che per ora il governo, 
grazie soprattutto al contributo fornito dall’Alto commissariato 
dell’Onu per i rifugiati, riesce a tenere abbastanza sotto controllo ma 
che potrebbe degenerare presto se nel giro di qualche giorno non si 
riaprono le frontiere permettendo ai migranti di proseguire il loro 
viaggio verso il nord Europa. Un’ipotesi che al momento appare difficile
 anche solo pensare, vista anche l’incapacità dell’Unione europea di 
imporre le proprie scelte alle capitali dissidenti.
Nel frattempo 
Atene, che ha ingaggiato una guerra diplomatica con l’Austria, primo 
Paese a fissare un tetto agli ingressi dei migranti, prova a tamponare 
l’emergenza. Il governo ha chiesto di rallentare al massimo le partenze 
dei profughi dalle isole dove però continuano ad arrivare uomini, donne e
 bambini partiti dalla Turchia, 7.000 solo a Lesbo. Inoltre ha 
annunciato l’intenzione di voler noleggiare dei traghetti capaci di 
accogliere 2.000–2.500 persone dove sistemare temporaneamente i 
migranti. Ma si tratta di provvedimenti che rischiano di risultare 
abbondantemente insufficienti se sono vere alcune stime che circolano in
 questi giorni in Grecia e secondo le quali potrebbero servire presto 
almeno 500 mila nuovi posti letto.
Di fronte a un dramma che 
potrebbe trasformarsi presto in una catastrofe umanitaria, l’Unione 
europea non riesce a imporre a Serbia, Macedonia, Slovenia e Croazia un 
atteggiamento meno ostile verso chi fugge dalla guerra e soprattutto ad 
imporre a Lubiana e Budapest il principio delle quote di migranti da 
accogliere come stabilito dalla Commissione europea guidata da Jean 
Claude Juncker. In Ungheria dove il governo ha annunciato un referendum 
tra i cittadini proprio sulle quote, i sondaggi danno addirittura i 
contrari all’accoglienza dei migranti intorno all’80%, un plebiscito per
 il premier Viktor Orban che è stato il primo in Europa a ordinare la 
costruzione di un muro per arginare gli arrivi dei profughi. «Se 
l’Europa un anno fa ci avesse ascoltato, oggi non ci troveremmo in 
questa situazione», ha detto ieri il ministro degli Esteri Péter 
Szijjártó. Dimenticandosi però di spiegare cosa ne sarebbe stato del 
milione e più di migranti entrati in Europa nel 2015.
La chiusura 
dell frontiere dell’area Schengen potrebbe portare presto i migranti 
alla ricerca di nuove rotte per arrivare in Europa. E di conseguenza 
alla costruzione di nuovi muri. Ieri la Bulgaria, uno dei paesi più 
povero d’Europa, ha reso noto d voler ampliare ulteriormente la barriera
 al confine con la Turchia, proprio per il timore che, chiusa la rotta 
balcanica, i migranti possano decidere di marciare dalla Turchia verso 
nord. Per questo Sofia ha deciso di costruire una recinzione lunga 160 
chilometri, cinque volte in più di quanto annunciato inizialmente. I 
primi 70 chilometri sono già pronti.
Maggiori controlli ai 
confini, infine, anche in Germania. La Baviera, che da da mesi è in 
rotta di collisione con la cancelliera Angela Merkel proprio sulla 
questione rifugiati, vuole infatti ripristinare i controlli con 
l’Austria se dal vertice previsto per il 7 marzo tra i leader dei 28 e 
il premier turco Ahmet Davutoglu non usciranno risultati concreti a ad 
arginare i flussi dei migranti. I dipartimenti di polizia lungo i 
confini con la Bassa Baviera, Alta Baviera e Svevia avrebbero ricevuto 
l’ordine di farsi trovare pronti a intervenite nel giro di poche ore se 
la situazione dovesse cambiare.