il manifesto 25.2.16
In piazza per Giulio
di Luciana Castellina
Terminati
i riti funebri e versate le lacrime di stato, la vita — per chi ce l’ha
ancora — riprende il corso normale. Come gli affari, perché business is
business.
Tanto, a un mese dalla scomparsa di Giulio Regeni e a
22 giorni dal ritrovamento del suo corpo torturato possiamo stare
tranquilli, veniamo avvertiti: le autorità egiziane e italiane stanno
collaborando alla ricerca della verità sull’assassinio. Le medesime
autorità che ci stanno aiutando hanno peraltro — è l’ultima delle
fantasiose scoperte del governo del Cairo — tirato fuori una nuova tesi:
Giulio sarebbe stato ammazzato per una vendetta personale.
Una
vendetta di chi? Non c’è il coraggio di dirlo apertamente ma si torna ad
alludere, esattamente come tentato fin all’inizio, a rapporti personali
non meglio precisati, niente a che vedere con l’attività di ricerca di
Giulio. Meno che mai la politica e quanto di orribile accade oggi in
Egitto.
Se non ci fosse stato quell’articolo, scritto con un altro
collaboratore, sulla situazione sindacale in Egitto, quel testo con cui
Giulio era entrato in contatto con noi, così come le coraggiose
testimonianze dei suoi amici e colleghi che al Cairo studiano, chi ha
ritirato fuori una simile fantasiosa tesi, vale a dire un altro
depistaggio, pretenderebbe persino di esser creduto.
È possibile accettare tutto questo? No, non è possibile.
Ma come sempre in questi casi si sente pesante la nostra impotenza contro il cinismo di questo mondo.
Oggi
alle 14 a Roma, Antigone e Amnesty chiamano ad un sit in davanti
all’Ambasciata d’Egitto. Saremo il più possibile. Anche se sentiamo
tutti la sproporzione fra la nostra forza, la rabbia e il dolore che
proviamo.
Raccogliendo l’invito della famiglia di Giulio,
moltiplicheremo gli atti intesi a non far dimenticare, attaccare
striscioni, lasciare scritte, vale a dire moltiplicare per 1000 i sit-in
come quello di oggi, ma soprattutto nel nostro lavoro quotidiano. Non è
molto, ma è indispensabile: per Giulio, per la nostra coscienza, per la
dignità del nostro paese ma anche dell’umanità: che non può accettare,
non può abituarsi ad accettare che uno degli umani oggi, come sempre più
numerosi in questi bruttissimi anni, possa subire, senza che si
reagisca, la sorte di Giulio.
Impegniamoci anche se a volte
avvertiamo la sproporzione fra quanto dovrebbe esser fatto e non si fa a
livello istituzionale: per via degli affari, e perché nella dissennata
spedizione che si prepara in Libia non possiamo litigare con l’Egitto, e
anzi è bene che continuiamo a dare armi anche a paesi come l’Arabia
Saudita che in fondo sarebbe un’alleata.
Non è combattendo l’Isis in questo modo che riusciremo a vincerlo.
Potranno
riuscirci soltanto i ragazzi che a piazza Tahrir si sono mobilitati
contro i regimi inaccettabili del loro paese, islamici o laici. A
condizione che li sosteniamo «senza condizioni», rinunciando anche a
qualche affare.
Se li aiutiamo come si era impegnato a fare Giulio in prima persona con la ricerca e la conoscenza.