il manifesto 24.2.16
Amnesty denuncia: «In Italia i torturatori dormono tranquilli»
Pubblicato il Rapporto 2015-2016 «Diritti in pericolo, assalto globale alle libertà» con l'Agenda delle violazioni italiane
di Eleonora Martini
«Chi,
trovandosi in questo momento in Italia, abbia commesso atti di tortura
può, nella grande maggioranza dei casi, dormire sonni tranquilli. E fino
a che non ci sarà un reato di tortura, punito severamente e con un
termine di prescrizione lungo, le cose sono destinate a rimanere così».
Fotografa perfettamente la realtà, Antonio Marchesi, presidente della
sezione italiana di Amnesty International, nel presentare il Rapporto
2015–2016 «Diritti in pericolo, assalto globale alle libertà».
L’impunità
per un reato che proietta l’Italia nello stesso cono d’ombra
dell’Egitto — dove Abu Omar, rapito a Milano, fu condotto e torturato,
anche se ne uscì vivo, al contrario di Giulio Regeni — è uno dei dieci
punti dell’Agenda dei diritti umani di Amnesty che riguarda il nostro
Paese presentata all’inizio dell’attuale legislatura e sottoscritta da
118 parlamentari.
La «mancanza di misure di prevenzione degli
abusi di polizia» è, secondo AI, una delle «insufficienze più gravi»,
che ci fa entrare nel triste catalogo degli «oltre 122 Stati che hanno
praticato maltrattamenti o torture» e dei «30 paesi, se non di più, che
hanno rimandato illegalmente rifugiati verso Paesi in cui sarebbero
stati in pericolo».
Carenza alla quale il Parlamento non vuole
mettere riparo: «La commissione Giustizia del Senato, prima ha reso
impresentabile la definizione di tortura contenuta nel ddl in
discussione — si legge nel rapporto, con riferimento al testo approvato
dalla Camera nell’aprile 2015 — poi, e da diversi mesi ormai, ha smesso
di parlare dell’argomento, secondo un copione che è sempre lo stesso,
legislatura dopo legislatura».
Al Senato si è incagliata anche la
legge approvata dai deputati nel 2014 sull’omofobia e la transfobia,
reati che rimangono impuniti in un Paese che non riesce nemmeno a
riconoscere pari diritti alle coppie omo e eterosessuali.
Nell’Agenda
di Amnesty trova posto il problema del trattamento discriminatorio
delle popolazioni Rom, confermato dalla condanna che il tribunale di
Roma ha comminato al Campidoglio per la segregazione in campi monoetnici
e la discriminazione nell’assegnazione degli alloggi.
Diritti
umani a rischio anche nell’accoglienza di immigrati e rifugiati, con
particolare «preoccupazione» espressa dall’associazione per «le prassi
adottate» nel «nuovo approccio hotspot», e per il reato di clandestinità
che «ancora esiste formalmente nell’ordinamento italiano, nonostante la
volontà contraria del Parlamento», solo perché il governo non attua la
delega ricevuta «con la motivazione, francamente incredibile, che “gli
italiani non capirebbero”».
Infine, last but not least, è il
problema dell’«esportazione di armi verso Paesi dove vengono utilizzate
per violare il diritto umanitario con azioni armate non autorizzate
dall’Onu». Denuncia il rapporto: «Nel corso del 2015 e dell’inizio del
2016 bombe e sistemi militari sono stati trasferiti dall’Italia
all’Arabia Saudita», il cui governo «è responsabile di gravi violazioni
dei diritti umani», e che è «attualmente impegnata in un’azione militare
in Yemen, nel quadro di un conflitto caratterizzato da attacchi
indiscriminati contro le infrastrutture civili (a cominciare dalle
strutture sanitarie e dalle scuole)». Per il governo Renzi «è tutto
regolare, tutto a posto», riferisce AI.
D’altronde non è la prima
volta che l’Italia chiude entrambi gli occhi di fronte alle brutalità
dei Paesi cosiddetti «alleati». L’Egitto insegna. Ma Amnesty insiste, e
chiede «l’immediata interruzione di ogni ulteriore consegna di armi
all’Arabia Saudita».