il manifesto 20.2.16
Podemos tratta con il Psoe. Ma l’accordo si fa in quattro
Spagna. Al tavolo anche Izquierda unida e Compromís. Ultima settimana utile per prendere una decisione sul governo
di Luca Tancredi Barone
Tic-tac.
Il tempo scorre, e rimane un’unica settimana utile per prendere una
decisione sul futuro governo spagnolo. Il 3 marzo è convocata la
sessione d’investitura del Congresso dei deputati in cui Pedro Sánchez
dovrà iniziare a misurarsi con la dura realtà dei numeri parlamentari.
Ma prima il partito socialista si è impegnato — così come Izquierda
Unida — a consultare la base per far approvare il testo di un eventuale
accordo che dovrebbe garantire l’avvio della nuova legislatura. Per cui,
entro la metà della settimana prossima, bisognerà che i protagonisti
della saga politica attuale lascino da parte le schermaglie e prendano
definitivamente una posizione.
Giovedì sera il giochino politico
dei socialisti e di Podemos è stato improvvisamente rotto da
un’insperata iniziativa del leader di Izquierda Unida Alberto Garzón. Da
una parte, il Psoe stava cercando accordi con la destra di Ciudadanos, e
con la sinistra di Izquierda Unida e la costola valenziana alleata a
Podemos, Compromís, per poter fare pressione su Podemos, a cui voleva
rendere politicamente impossibile dire no a un governo sostenuto dai due
partiti di sinistra. Dall’altra Podemos inscenava la richiesta di
entrare in un governo di sinistra, pretendendo un incontro a tu per tu
con Sánchez per discutere della proposta di 100 pagine che Pablo
Iglesias aveva reso pubblica lunedì. Un incontro che il socialista
subordinava alla presenza di tutta la squadra di negoziazione, mentre
Podemos esigeva comunque l’esclusiva rispetto a Ciudadanos. Con il
rischio concreto che Sánchez potesse finire fra le braccia dei popolari,
a cui Ciudadanos voleva cercare di strappare un’astensione,
guadagnandosi tra l’altro quella centralità politica come mediatore che
il partito arancione cerca da sempre.
Ma la mossa di Alberto
Garzón, che ha chiesto pubblicamente e con il suo usuale stile pacato,
un vertice a quattro fra Psoe, Iu, Compromís e Podemos, ha fatto saltare
i piani e le tattiche di rossi e viola. Podemos ha colto la palla al
balzo, e ha lasciato a Sánchez il cerino acceso: i socialisti hanno
impiegato un giorno per prendere la decisione di accettare l’incontro,
che lascia da parte Ciudadanos e, per il momento, il rischio di una
deriva a destra. Ma nella lettera di risposta a Garzón resa nota ieri
pomeriggio, Sánchez ha chiarito di essere «pronto a negoziare un
programma per l’investitura», non di governo. Una sfumatura che potrebbe
mandare tutto all’aria, visto che Podemos ha sempre detto di non essere
disposto a votare un governo del quale non faccia parte.
Ma
almeno ora i quattro, abbandonato l’ingessato rituale degli incontri a
due tenuto finora da Pedro Sánchez, sono costretti a parlarsi e nessuno
di loro potrà esimersi dal mostrare di aver fatto ogni sforzo per
arrivare a un accordo. Il problema però è che l’accordo, anche qualora
ci fosse, e anche qualora i 12 catalani digerissero l’inevitabile
cancellazione dal programma di governo del referendum di
autodeterminazione tanto inviso ai socialisti, potrebbe contare al
massimo su 161 voti. Se Ciudadanos e Pp votassero entrambi contro
l’investitura socialista, ne avrebbero 163. Dei 26 voti restanti, almeno
tre dovrebbero quindi votare a favore di Sánchez e tutti gli altri si
dovrebbero astenere. Il che allo stato attuale è impossibile. Ma dipende
tutto da quello che deciderà la riunione dell’esecutivo di Ciudadanos
questo fine settimana. Con l’incontro a quattro salta la strategia
arancione di accordo con i socialisti con il tentativo di convincere i
popolari (Albert Rivera incontrerà Mariano Rajoy martedì) e a questo
punto Ciudadanos potrebbe decidere di far astenere i suoi 40 deputati.
Rivera
è abile, e sa che agli arancioni non convengono le urne né
elettoralmente né tantomeno politicamente. Se il cerino per far
esplodere la bomba delle elezioni rimane in mano a Ciudadanos, il
rischio di essere percepiti dai loro elettori moderati come guastafeste è
troppo elevato. D’altra parte, la situazione politica è ghiotta per
chiedere ai socialisti qualsiasi cosa. Suo malgrado, Rivera sa che dai
popolari per ora non arriverà nessun mossa, e per sopravvivere
politicamente potrebbe essere costretto a un qualche tipo di accordo con
Sánchez.
Tutto è ancora in forse, ma la nebbia comincia a diradarsi.