il manifesto 20.2.16
Piano Varoufakis, non buttare il bambino con l’acqua sporca
Ue.
L'economista greco considera il parlamento europeo un orpello inutile
nella sua forma attuale. Ma sbaglia. Perché l’apparente marginalità del
Parlamento non è frutto di mancanza di potere, ma di volontà politica
di Monica Frassoni
Marco
Bascetta e Sandro Mezzadra centrano bene a mio avviso forze e debolezze
di Democracy in Europe Movement 2025, l’iniziativa lanciata da Yanis
Varoufakis a Berlino il 9 febbraio (http://diem25.org); forze e
debolezze che derivano (ahimè) anche dalle regole del sistema mediatico e
comunicativo del quale tutti siamo un po’ vittime e un po’
responsabili, che richiedono la star e la location cool, il bagno di
folla e il tocco glamour.
A parte questo, dell’iniziativa a me è
piaciuta soprattutto l’ambizione di lanciare una mobilitazione
trasnazionale per riprendersi l’Europa e la volontà di andare oltre le
frontiere della sinistra e della politica, favorendo il mescolamento e
non la perniciosa distinzione fra società civile (virtuosa) e politica
(viziosa). Altra cosa che mi è piaciuta, è stata l’assenza dei
rappresentanti della sinistra nazionalista anti-Euro, che qualche mese
fa avevano firmato con lui il “PianoB” per l’Europa, Malenchon,
LaFontaine e da noi Fassina.
Ciò detto, pur essendo stata
gentilmente invitata e pur avendo proposto qualche modifica al testo
(per fortuna non si parla più di abolire la Ue…), ho deciso di non
andare a Berlino, anche se resto interessata al prosieguo della
discussione che spero avrà una eco maggiore anche in Italia.
Non
penso infatti che tutte le colpe dell’euro-crisi stiano nella
«burocrazia senza faccia» di Bruxelles, che non è una zona «democracy
free». Semplicemente, le maggioranze che hanno vinto le elezioni (alle
quali tanta sinistra non partecipa), la loro ideologia tendenzialmente
nazionalista e pro-rigore e un funzionamento istituzionale che si
inceppa facilmente a causa dell’obbligo dell’unanimità, producono il
blocco sistematico di qualsiasi politica positiva da anni. Insomma,
modestia a parte, se ci fossimo noi, quelle stesse istituzioni farebbero
tutt’altro.
Certo, questa spinta al cambiamento non può venire
solo dalla politica, ancora per lo più legata a logiche nazionali. E’
indispensabile creare anche una spinta potente di “popolo”, europea e
decentrata insieme, per relegare al passato al quale appartengono i
nuovi nazionalismi, che oggi vincono pur senza le elezioni: dobbiamo
andare a cercare chi costruisce l’Europa dai campi profughi o dalle
nuove industrie verdi, più che chiuderci in stanze più o meno chiuse a
elaborare proposte per un’Europa perfetta.
In secondo luogo, pur
se DIEM25 ambisce a trovare una terza via tra ri-nazionalizzazione e
conformismo europeista, non è chiaro chi decide nell’Europa di DIEM25.
Esiste uno spazio per una democrazia sovranazionale autonoma? Varoufakis
disprezza il Parlamento europeo e lo considera un orpello inutile nella
sua forma attuale. Ma sbaglia. Perché l’apparente marginalità del
Parlamento non è frutto di mancanza di potere, ma di mancanza di volontà
politica. E fare finta che non esista, non nominarne neppure
l’esistenza significa privarsi di uno strumento importante.
E’
importante superare questa ambiguità anche per dare gambe a due idee non
nuove e ancora non molto precise nel Manifesto di DIEM25 che, se
realizzate, potrebbero davvero cambiare le cose; l’Assemblea costituente
e le liste trans-nazionali: a potere europeo, vere elezioni europee,
con liste e candidati legati alle scelte politiche e non alla
nazionalità, nella quale tutti si debba andare a cercare voti tenendo
conto della cultura e dell’interesse dell’altro, senza poter imprecare
contro i “tedeschi” o i “polacchi”, ma semmai contro le folli politiche
dei loro governi. Insomma, davanti a noi abbiamo un sacco di lavoro, che
potrà funzionare solo se ritroveremo voglia di organizzare la polifonia
del fronte anti-austerità ma decisamente senza frontiere.