il manifesto 10.2.16
”All’Unione Europea non serve un ministro delle Finanze
di Roberto Romano
L’Europa
è un grande mistero. La crescita economica rimane un auspicio e gli
operatori finanziari, consapevoli della situazione, lo ricordano
puntualmente. Non amo gli speculatori, ma quello che è accaduto ai
titoli degli istituti di credito e, soprattutto, ai titoli pubblici sono
più di un campanello di allarme. L’Europa non ha nessuna idea di come
affrontare la crisi e continua a suggerire le stesse ricette.
L’ultima
in ordine di tempo è quella di un Ministero delle Finanze Unico
Europeo. La proposta arriva dai presidenti delle banche centrali tedesca
e francese. La motivazione è solo in apparenza piena di buon senso:
«L’Europa, a fronte di elevati deficit e squilibri economici, si trova
chiaramente di fronte a un bivio… un’integrazione più forte sembra la
strada più vicina per ripristinare la fiducia all’interno di Eurolandia
poiché favorirebbe lo sviluppo di strategie comuni per le finanze
pubbliche e per le riforme promuovendo quindi la crescita». Questo
Ministro cosa dovrebbe fare? Sono tre i pilasti alla base dell’idea: 1)
programmi di riforme nazionali portati avanti con determinazione; 2)
unione di finanziamenti e investimenti; 3) una migliore governance
economica.
A pensare male si fa peccato, ma c’è qualcuno da
sistemare e si inventa un Ministro delle finanze? Per implementare le
policy suggerite basta e avanza la Commissione Europea.
Il tema,
se ben trattato, potrebbe diventare una opportunità. Un ministro delle
finanze ha senso nella misura in cui l’Europa si dota di un bilancio
pubblico coerente al suo livello economico. Il 5% del Pil sembra la
dimensione minima per costruire una politica economica dignitosa e per
dare un senso all’ipotesi di un ministro delle finanze. Ma non basta. Il
bilancio pubblico europeo, infatti, ha un vincolo ancor più cogente e
stringente dell’attuale rapporto-peso sul Pil europeo
(approssimativamente l’1%). Fino a quando il bilancio pubblico europeo è
finanziato dai trasferimenti degli stati appartenenti all’Europa, la
politica economica non sarà mai indipendente e realmente europea.
L’Europa
deve diventare libera e autonoma dai trasferimenti degli stati, e
maturare una sana politica economica capace di agire dal lato delle
entrate e dal lato delle spese. Servirebbe un’altra architettura. Come
per tutti i bilanci pubblici, quello europeo potrebbe finanziarsi con
titoli di debito pubblico, e la Bce dovrebbe giocare un ruolo almeno
pari a quello della Fed. Sarebbero titoli di debito necessari per
finanziare gli investimenti e per sostenere la domanda. Solo in questo
modo è possibile chiudere la forbice tra nord e sud d’Europa. Se la
politica economica è quella della buona occupazione, del ben-essere e,
in ultima analisi, di un Europa matura e prospera, la cornice
istituzionale appena delineata è l’unica possibile.
Non serve un
Ministro per il piano Juncker. È inutile ed è, soprattutto, il contrario
della politica economica. L’Europa continua a perdere tempo ed energie.
La politica monetaria di Draghi non raggiunge chi veramente ne ha
bisogno, e non può sostituire le politiche pubbliche per cambiare la
struttura produttiva e la distribuzione del reddito.
Non si è mai
vista nella storia uno Stato senza tasse e senza spese. Non credo che i
presidenti delle banche centrali di Francia e Germania volessero
suggerire un bilancio pubblico adeguato per sostenere l’ipotesi di un
Ministro delle finanze, ma a questo punto possiamo ben dire: ci sono o
ci fanno?
Il 2016 potrebbe diventare un anno pericoloso quanto e
come il 2015. Potrebbe anche andare peggio. L’Italia reclama le sue
flessibilità di bilancio per raggirare e sostenere i soliti noti.
Servirebbe un progetto e un orizzonte europeo. Forse la tempesta
perfetta che sembra profilarsi all’orizzonte potrebbe diventare una
occasione. Roosevelt ha guardato in faccia il suo popolo e non era
contento di come viveva. Ha fatto la rivoluzione che servirebbe oggi
all’Europa.