Il Fatto 28.2.16
È tutto finito: ora pure Renzi s’affida al tesoretto
di Marco Palombi
È
finita, è chiaro. Per il secondo giorno nei retroscena politici il
Tesoro lascia filtrare che, qualunque sia la decisione di Bruxelles sul
deficit, è tutto a posto: “Abbiamo il tesoretto”. È un segnale chiaro,
risaputo da chiunque abbia un minimo di frequentazione coi palazzi
della politica: quando uno comincia a parlare di tesoretto è alla
frutta. I precedenti di Prodi e Berlusconi parlano chiaro.
Renzi,
peraltro, è recidivo: pure l’anno scorso disse che aveva un tesoretto,
ma purtroppo la malasorte e la Consulta lo costrinsero a ripagare (in
minuscola parte) i pensionati scippati da lui, Letta e Monti.
Di
cosa parliamo stavolta? Breve riepilogo: il nostro governo s’è preso
alcune libertà sul deficit rispetto ai desiderata di Bruxelles
(Berlino). Se andasse davvero male – al netto della manovra da 20
miliardi a cui Renzi s’è impegnato per il 2017 – a maggio la
Commissione potrebbe chiedere all’Italia una correzione tra i 3 e i 6
miliardi già per il 2016. E qui arriva la velina del Tesoro:
tranquilli, c’è il tesoretto, abbiamo una cassa di soldi sotto il
materasso di Padoan. E da dove arrivano? Rispondeva ieri l’Ansa: “Fondi
ancora non spesi: ad esempio sul piano di contrasto al dissesto
idrogeologico o per la riqualificazione delle periferie”.
E qui
c’è del genio. Cos’è il tesoretto? A dicembre dici che spenderai dei
soldi, a febbraio ti rimangi l’impegno e la differenza la chiami
tesoretto. Poi riprendi le tre carte, chiudi il banchetto e cambi
marciapiede: il problema è solo trovare qualcuno che giochi.