Corriere Salute 28.2.16
Gli italiani nell’apprendimento sono favoriti dai dialetti complessi
di E. M.
I
dati Eurostat sono recentissimi e, in sintesi, bocciano gli italiani in
inglese e simili. Perché studiamo tante lingue, perfino più degli altri
europei (da noi il 98% degli adolescenti ne studia pure una terza,
contro il 60% dei coetanei all’estero), ma le parliamo poco, pochissimo.
Il motivo sta probabilmente nel metodo di insegnamento: «In Italia le
lingue straniere vengono insegnate in italiano; altrove il docente,
oltre a essere magari madrelingua, si esprime soltanto in inglese, o
francese, o spagnolo. Nelle ore di lingua straniera l’idioma allo studio
è anche l’unico che si usa per comunicare: il miglior modo per imparare
una lingua infatti è viverla, in una totale full immersion — osserva
Jubin Abutalebi, neuropsicologo esperto in linguaggio dell’università
San Raffaele di Milano —. Gli italiani in realtà sarebbero facilitati
nell’imparare lingue straniere perché molti parlano dialetti complessi,
che sono v lingue a parte e quindi “plasmano” il cervello in modo da
renderlo più ricettivo all’apprendimento di nuove parole e grammatiche.
Per imparare una lingua serve infatti memoria fonologica, ovvero
capacità di riconoscere i fonemi tipici di quell’idioma: chi fin da
piccolo è esposto a due diversi linguaggi memorizza un numero maggiore
di fonemi e poi per lui sarà più semplice aggiungerne altri. Ecco perché
chi è già bilingue fa meno fatica a imparare altri idiomi».
Ci
sono casi eccezionali, come il praghese settantasettenne studiato da
Abutalebi che conosce ben 29 lingue, le ultime 5 imparate dai 70 anni in
poi: è difficile dire se il cervello dei multilingue sia “speciale”
dalla nascita o se lo diventi proprio grazie allo studio di idiomi
stranieri, certo è che ciascuno di noi potrebbe (e dovrebbe) provare a
imparare una nuova lingua, visti i tanti positivi effetti sulla mente.