Corriere La Lettura 7.2.16
I segreti della mente? Molecole, cellule e circuiti nervosi
Le scoperte di genetica e biochimica
di Edoardo Boncinelli
L’animazione
del corpo e delle sue diverse parti e la capacità di conoscere (e di
comportarsi sulla base di queste conoscenze), sono le due (o tre)
caratteristiche degli esseri viventi, o animati, che sono state spiegate
storicamente con il possesso di un’anima.
Secondo una prima
concezione l’anima sarebbe una sorta di energia vitale e di principio
organizzatore che permea gli esseri viventi, ne sostiene l’attività e ne
coordina le funzioni. Tale idea incarna il primo, e in fondo più
«naturale», significato della parola anima. Con il passare del tempo
l’aura di mistero che circonda questo «fluido vitale» si è andata
smorzando, ma la convinzione che nei corpi operi qualcosa di immateriale
che li fa vivere, percorre ancora tutto l’Ottocento e buona parte del
Novecento, a volte prendendo il nome di Vitalismo.
Molti
ritenevano e ritengono anche oggi che il corpo non possa da solo
accendere la vita e controllarne le funzioni. L’idea è forse quella
secondo la quale qualcosa di immateriale è comunque «superiore», e
possiede proprietà che la materia non può avere. Qualcuno chiama energia
questo qualcosa in più — energia vitale o energia psichica —
contribuendo così a rendere il mistero sempre più fitto. Siamo nel regno
della confusione terminologica più spinta e della conseguente
inclinazione mistica, anche se occasionalmente professata da sedicenti
laici. Costoro dimenticano che sono più di due secoli che la scienza non
parla più solo di materia, bensì di materia , di energia e di
informazione — i tre parametri fondamentali dell’universo fisico.
La
scienza ha fatto nel frattempo enormi progressi, ha chiarito moltissimi
concetti e offerto un’incredibile varietà di applicazioni pratiche. A
proposito della vita organica, la genetica e la biochimica ci hanno
rivelato moltissimo sui suoi meccanismi fondamentali e la biologia
molecolare ci ha consegnato infine il segreto dei segreti
dell’organizzazione biologica. Che è semplice e lineare: in ogni cellula
del corpo sono contenute le «istruzioni per l’uso» necessarie e
sufficienti per nascere, crescere, vivere e al momento opportuno
riprodursi. Queste istruzioni sono portate dalla molecola del Dna,
presente dentro il nucleo di ogni cellula, e sono scritte sotto forma di
un testo lineare che utilizza un alfabeto di quattro lettere o
caratteri: A, G, C e T.
Il Dna è una lunghissima molecola
costituita dalla ripetizione ordinata di questi componenti chimici
elementari. Come tutte le altre molecole, il Dna ha una sua struttura,
una funzione e può essere oggetto di reazioni chimiche. La sua natura di
lunga molecola relativamente stabile gli conferisce, però, proprietà
informazionali che altre molecole non hanno: può essere letto infatti
come un testo che contiene un messaggio o, meglio, un complesso di
messaggi. L’insieme di questi messaggi prende il nome di patrimonio
genetico, o genoma, di quel dato organismo. Ogni organismo ha il suo, ed
è caratterizzato da quello. Lo ha ricevuto dai suoi antenati e, quando
si riprodurrà, lo passerà ai suoi discendenti. Il genoma è quindi ciò
che dà continuità alle generazioni degli individui di qualsiasi specie.
Il
punto essenziale è che se per un sasso o per un ramo secco, tutto
accade al livello di strutture relativamente permanenti di dimensioni
macroscopiche — dal millimetro in su —, per le cose vive tutto ciò che
conta accade a livello molecolare. Si tratta cioè di mobilità,
trasformazioni e interazioni ordinate di molecole — prevalentemente, ma
non esclusivamente proteiche — fluide o semifluide, ospitate e sorrette
da strutture molecolari più stabili che possono anche essere di
dimensioni macroscopiche, come organelli, membrane, vasi o impalcature
rigide. Queste strutture sono poi ciò che osserviamo di una cellula o di
un organismo vivente, ma la vita ha luogo dentro di queste e fra di
loro, al livello essenzialmente molecolare, e talvolta anche atomico.
Un
altro dei possibili significati della parola anima — in realtà ce ne
sono almeno sette — è quello, molto impreciso, di mente . La mente può
essere definita come l’elaborazione dei contenuti acquisiti, tanto
quelli che emergono direttamente dai nostri sensi, quanto quelli da noi
richiamati di volta in volta dal «grande libro» della memoria. La mente
sarebbe quindi il complesso delle nostre attività cerebrali superiori.
Non
sono molti quelli che al giorno d’oggi parlano di anima, almeno al di
fuori di un ambito strettamente religioso, ma moltissime persone parlano
invece in continuazione di mente , che per costoro è in fondo un po’ il
sostituto secolare dell’anima stessa, un’istanza e un’attività comunque
superiori e capaci di dare un senso e un obiettivo alle diverse
operazioni portate avanti dal cervello.
Dentro di noi convivono
processi conoscitivi, o cognitivi, e istanze affettive, o emozionali. La
parola mente designa a volte il complesso di entrambi questi fenomeni,
mentre la si impiega a volte per designare i soli processi cognitivi,
lasciando le istanze affettive al campo della psiche. Io ritengo che
nella nostra testa ci siano soltanto molecole, cellule e circuiti
nervosi, mentre molti ritengono che ci sia dell’altro, la mente appunto,
distinta dal cervello e dal suo funzionamento. Questo è impegnato in un
numero enorme di operazioni, molte delle quali non vengono da noi
minimamente prese in considerazione come attività della mente, perché ci
paiono questioni di «bassa manovalanza» cerebrale. Consideriamo per
esempio quelle che ci permettono di seguire con gli occhi il volo di una
pallina o di un uccello. Si tratta di operazioni complicatissime, ma
noi quelle non le chiamiamo di solito mente, perché le giudichiamo di
livello «inferiore». Così facendo, ci precludiamo la possibilità di
comprendere molte di quelle che noi definiamo funzioni superiori e che
ci appaiono perciò come sorgere dal nulla o dall’attività della Mente o
dello Spirito.
Checché se ne dica, tutte le funzioni cerebrali,
inferiori o superiori, si fondano e poggiano su processi automatici o
semiautomatici che accadono a livello di base: il sublime è fondato sul
concreto e il complesso sull’elementare, senza alcuna soluzione di
continuità.