Corriere La Lettura 7.2.16
Oriente. Feticismo di massa
La Thailandia cura l’ansia con le bambole magiche
di Marco Del Corona
Che
in Thailandia sia diventata una faccenda seria, serissima, lo si è
capito quando ci si è messa anche una compagnia aerea. La Thai Smile ha
deciso di consentire alle luk thep , bambole «magiche», di viaggiare con
i loro possessori occupando un posto e pagando regolare biglietto.
Prima erano i ristoranti a lasciare che si sedessero e che venisse loro
pagato il conto delle ordinazioni (evidentemente non consumate). Sono i
segni più visibili di un impazzimento che da diversi mesi ha investito
il Paese: le luk thep sono diventate una moda che tiene insieme la
contemporaneità e radicatissime superstizioni che ora stanno un po’
scappando di mano. Spesso di produzione industriale, le bambole luk thep
vengono associate a rituali scaramantici, abbigliate e appositamente
preparate anche per cifre non irrilevanti, nell’ordine delle centinaia
di euro.
«Come definire questa mania? Feticismo». Tew Bunnag
(1947) è uno degli scrittori thailandesi più importanti e uno dei
pochissimi tradotti in Italia ( Il viaggio del Naga e Cortina di pioggia
sono usciti per Metropoli d’Asia). Da giallista di successo frequenta
abitualmente la zona d’ombra di una Thailandia ora così affollata di luk
thep e di ansie. «Sono quattro o cinque mesi — spiega a “la Lettura” —
che il fenomeno ha preso questa forma parossistica. Direi che si tratta
effettivamente di un distacco dalla normale ossessione dei thai per gli
amuleti, una passione più tradizionale, insieme con i tatuaggi, le
fatture, le pozioni, i lingam (falli, ndr ) di legno o terracotta. Ma
l’uso delle bambole è nuovo e mi sembra come importato da fuori. Mi
colpisce anche l’aspetto della modernità rappresentato dal fatto che
siano bambole prodotte in fabbrica». Resta comunque un territorio non
troppo distante dalla superstizione tradizionale. «Mi sembra uno
sviluppo logico dal feticismo naturale a quello industriale, quasi che
si passasse dalla sfera ancestrale a quella consumistica. C’è chi porta
le luk thep dai monaci per una benedizione».
In Thailandia il
buddhismo si intreccia con le credenze popolari, governandole e
contaminandole: il passo in più, aggiunge Tew Bunnag, «è che si ritiene
che le bambole incarnino gli spiriti di bambini non nati». Perché ora
tutto ciò? «Quando l’insicurezza dilaga, alla faccia di quello che
possano dire i sondaggi, i thai si buttano nel soprannaturale. Chi
maneggia queste bambole spera che abbiano una qualche influenza. Che
funzionino». Un esorcismo, ma psicologico, quasi: «Le luk thep
permettono alle persone di scartare dai problemi reali e dalle paure che
si costruiscono. E infatti non è un caso che le luk thep abbiano
cominciato a diffondersi in autunno quando è stato evidente a tutti che
l’economia della Thailandia era parecchio in difficoltà».
Il clero
buddhista manifesta insofferenza. Il governo autoritario guidato
dall’ex generale Prayuth Chan-ocha ha mostrato di non gradire, e non
solo perché le bambole si rivelano efficaci per nascondere e trasportare
droga: «Immagino — continua lo scrittore — perché il fenomeno rivela
quanto poco la gente abbia fiducia in coloro che si suppone debbano
risolvere i problemi del Paese». Meglio le bambole del governo, in
pratica. «Sì, il governo ha di che preoccuparsi», chiosa Tew Bunnag. La
realtà supera l’immaginazione di un Paese da dieci anni sull’ottovolante
di colpi di Stato, instabilità politica, disordini, morti e
repressione, sullo sfondo della salute declinante del re ottantottenne
Bhumibol Adulyadej, punto di equilibrio dall’immediato dopoguerra. È un
mondo che vacilla e si aggrappa alle bambole. «E io non ci ho neanche
scritto una storia, sulle luk thep ». Non ancora.