sabato 6 febbraio 2016

Corriere 6.2.16
Il caso Roma, gli enti che non pagano l’affitto
Le Asl morose per 12 milioni di euro
Senza contratto commissariati e associazioni benefiche. Gabrielli: riportare la legalità
di Alessandro Capponi

ROMA Ci sono quelli che pagano poco, e quelli che proprio non pagano. A Roma, negli immobili di proprietà del Campidoglio, va così: «Gli inquilini — dice chi conosce bene la carte del Patrimonio — sono abbastanza puntuali nei versamenti anche se di pochi euro, perché sanno che può essere fondamentale per rimanere negli appartamenti». Invece la strategia è diversa per gli enti pubblici: «Una strategia semplice, non pagare». Non tutti, non sempre: però la tendenza è inequivocabile. Le aziende sanitarie locali (Asl), ad esempio: il debito complessivo per l’uso delle sedi del Comune ammonta adesso a dodici milioni di euro. Sia chiaro: la lista dei morosi è lunga così (inclusi, com’è noto, i partiti politici), «e spesso si tratta di enti pubblici».
Benvenuti nello sconfinato mondo (oltre 43 mila immobili) del Comune di Roma: fin qui, a più riprese, è stato raccontato che per alcuni inquilini il canone mensile equivale a una manciata di euro; adesso, però, si apre un altro capitolo, quello dei pagamenti e «in cima alla lista dei morosi ci sono gli enti pubblici». Anche i ministeri, almeno alcuni: «I commissariati, che dipendono dall’Interno, mica pagano l’affitto...». Oltre, appunto, alle Asl: per questo il Campidoglio è anche oggetto di inchieste della Corte dei Conti, e i magistrati contabili hanno già scavato nello sconfinato archivio dei beni del Campidoglio.
Già, l’archivio: quando la giunta Marino è passata a un altro gestore del patrimonio, la società Romeo — che quel patrimonio ha «curato» per 18 anni — ha fornito tutti i dati in formato cartaceo, con tremila contenitori e migliaia di fascicoli. Per fare altri esempi: tra i «morosi» c’è la «Casa internazionale delle donne», che deve 600 mila euro (dovrebbe pagare 12 mila euro al mese). E perfino la Comunità di Sant’Egidio, che pure versa con puntualità i 51 euro l’anno del «canone ricognitivo» — una sorta di canone di favore in considerazione del fondamentale servizio che svolge in città, tra i poveri e ovunque ci sia bisogno — si ritrova adesso nella lista dei senza contratto: anche perché per i magistrati contabili quel tipo di accordo — «canone ricognitivo», appunto — in pratica non esiste, è un’invenzione amministrativa. Semplicemente, dunque, il caos.
Ma a Roma questi sono giorni complessi: i movimenti per la casa, ieri, hanno occupato la chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, in pieno centro, per chiedere «più case popolari». Non a caso, quindi, il prefetto Franco Gabrielli ha parlato di «politica assente sulle questioni abitative», di «vicenda scandalosa legata a una delibera regionale del 2014 che stanziava 190 milioni e che stava lì perché gli uffici del Comune e della Regione non trovavano la quadra...». E anche sulla vicenda degli affitti a prezzi irrisori, Gabrielli non fa sconti: «Tutto quello che serve a riaffermare la legalità va bene. Cerchiamo però di non fare di ogni erba un fascio, non bisogna passare, come spesso accade, da una tolleranza assoluta a una tolleranza zero: i furbi devono essere puniti, le persone in condizioni di bisogno devono essere aiutate».
L’inchiesta del commissario Francesco Paolo Tronca va avanti: il faro adesso è sulla Romeo, la società che ha gestito il patrimonio del Campidoglio. Non solo, perché Tronca ha già reso nota la volontà di risalire ai dirigenti in qualche modo «complici» del disastro: la lista, con i nomi, sarà consegnata in Procura. Ma tutti gli eventuali reati legati ai contratti e alle occupazioni abusive commessi prima del 2007 sono a rischio prescrizione.
Intanto il Comune potenzia il personale che sta lavorando sul Patrimonio e «ha chiesto all’Avvocatura un resoconto di tutto il contenzioso in essere». Da parte di alcuni enti debitori si sottolinea che «ci sono state delle migliorie a spese nostre e nel calcolo vanno inseriti anche i crediti che vantiamo». In ogni caso, Francesco Storace propone a Tronca di rimanere come «assessore al patrimonio». E dai candidati pd arriva un’ammissione di colpa: «Responsabilità anche nel centrosinistra», dice Roberto Giachetti. Roberto Morassut, che pure corre per le primarie del Pd, l’aveva già detto tempo fa: «Il partito deve chiedere scusa ai romani». In molti, forse, dovrebbero farlo.