Corriere 3.2.16
Spagna verso sinistra Incarico di governo al socialista Sánchez
«Farò una coalizione con le forze del cambiamento»
di Elisabetta Rosaspina
Il
 re di Spagna ha deciso: adesso tocca ai socialisti tentare di 
traghettare il Paese fuori dalle secche di una scena politica 
frammentata, litigiosa e costellata di veti incrociati. Pedro Sánchez è 
pronto a provarci. Ma chiede un mese di tempo per negoziare un accordo 
di governo con i leader di tutti i partiti, a destra e a sinistra, 
eletti in parlamento il 20 dicembre scorso, con l’esclusione però degli 
indipendentisti catalani: con chi vuole dividere la Spagna, ha spiegato,
 l’intesa non è possibile. A tutti gli altri lancia un appello: «Siamo 
chiamati a intenderci, affinché il cambio diventi realtà».
Giovane
 economista — compirà 44 anni il 29 febbraio — votato alla politica già a
 venti, segretario del Psoe da un anno e mezzo, Sánchez si è presentato 
ieri alla Zarzuela, la residenza di Felipe VI, sapendo di avere già 
l’incarico in tasca, dopo che Mariano Rajoy, leader dei conservatori e 
premier uscente, aveva gettato la spugna di fronte al rifiuto 
dell’opposizione, di fatto ormai diventata maggioranza, di siglare un 
patto: «Ma il Partido Popular — non ha dimenticato Sánchez — ha ancora 
sette milioni di elettori, che meritano il mio rispetto. Ora bisogna 
muoversi, non si può attendere un minuto di più per togliere la Spagna 
da questa situazione di stallo». La manovra si annuncia temeraria.
I
 risultati delle ultime elezioni hanno chiuso l’epoca del bipolarismo 
tra conservatori e socialisti, e la loro alternanza al governo. 
Pesantemente ridimensionati, ora devono fare i conti con nuove 
formazioni all’attacco, come la sinistra populista di Podemos, frutto 
dell’onda lunga del movimento degli Indignados e guidata dal poco 
malleabile professore di Scienze Politiche, Pablo Iglesias, 37 anni. O 
come Ciudadanos, partito nato in Catalogna una decina d’anni fa e 
arrivato a Las Cortes con un altro giovane leader, il conservatore 
Albert Rivera, 36 anni, che ha fatto tutta la sua campagna elettorale 
promettendo di restare all’opposizione. E con il quale Pablo Iglesias 
non vuole stabilire alcuna alleanza governativa. Quando è stato il suo 
turno di conferire con il re, Iglesias ha messo in chiaro che è disposto
 ad appoggiare i socialisti, in cambio della vice presidenza del governo
 e di ministeri sostanziosi per i suoi compagni.
Anche ricorrendo 
all’estrema sinistra, come lo storico partito di Izquierda Unida, 
Sánchez faticherà in quel caso a trovare la base parlamentare 
necessaria. E, se anche dovesse miracolosamente farcela, grazie a 
strategiche astensioni, faticherà a pilotare un consiglio dei ministri 
tanto eterogeneo: «Mi vedo governare con quanti condividono con me la 
necessità di approvare un nuovo statuto dei lavoratori — ha detto — di 
metter fine alle amnistie fiscali e di adempiere agli impegni europei». 
L’alternativa è il ritorno alle urne.
 
