Corriere 3.2.16
Il premier e il pericolo che gli avversari dettino l’agenda
I
conti pubblici e i migranti II no alla flessibilità e le tensioni sui
migranti evocano un isolamento del presidente del Consiglio anche da
parte socialista
di Massimo Franco
La sensazione
sgradevole non è solo quella di un’Europa istituzionale insofferente nei
confronti del governo italiano. L’aspetto più inquietante dei botta e
risposta continui tra Matteo Renzi e Bruxelles è che sono polemiche
decise a freddo: forse dal premier, di certo dalle sue controparti. E
dunque vanno lette come un cambio di prospettiva rispetto all’imperativo
dell’unità del Vecchio continente. Non è chiaro se Renzi abbia deciso
di accettare questo terreno scivoloso fino in fondo. L’unica cosa certa è
che a imporglielo sono gli altri: lui può solo reagire.
L’agenda è
dettata non da Palazzo Chigi ma dai suoi critici. E la voglia di
metterlo nell’angolo è evidente. Da metà dicembre in poi, complici le
critiche italiane sui tre miliardi di euro in aiuti alla Turchia e sulla
rete North Stream per portare il gas russo in Europa, qualcosa si è
rotto. E adesso che Renzi prova a alzare la voce come ha fatto in
passato, forte dell’assenza di alternative al suo esecutivo, raccoglie
repliche sferzanti e non più comprensive. Ironizza sulle «polemicucce»
dei «burocrati di Bruxelles» in materia di accoglienza ai migranti.
Ribadisce
di non voler prendere «lezioncine da nessuno dei nostri amici europei».
Ricorda che «ogni anno mettiamo 20 miliardi sul piatto» dell’Ue.
Avverte che per risolvere il problema dell’immigrazione occorrono
strategie. Ma di colpo sembra un dialogo tra sordi. Puntuale, a ogni
sortita arriva la bacchettata della Commissione; per di più accompagnata
dal silenzio assordante degli stessi socialisti europei, tra i quali il
Pd è il partito maggiore dopo la vittoria del 2014.
Renzi insiste
sulla flessibilità in materia di conti pubblici, e si sente rispondere
dall’alter ego della cancelliera tedesca Angela Merkel nel Ppe, Manfred
Weber, che la richiesta è irrealistica. E «ora anche i commissari del
Pse, penso a Moscovici, constatano che non ci sono margini», aggiunge
perfidamente Weber. Meglio «prendere coscienza dello Stato dei fatti». E
cita la lettera mandata lunedì del presidente Jean-Claude Juncker al
premier. Gli eurodeputati del Pd reagiscono accusando il Ppe di «giocare
allo sfascio». E di pretendere di sapere che cosa pensa anche un
esponente come Pierre Moscovici.
Ma l’osservazione, fatta ieri da
Patrizia Toia, capo della delegazione del Pd a Strasburgo, è stata
smentita in tempo quasi reale dal commissario Ue: al punto che accredita
una tensione anche tra i Dem italiani e la «famiglia» socialista
europea. Sono segnali che fanno temere uno scivolamento dell’Italia
verso la periferia del Vecchio continente; e un’offensiva delle nazioni
nordeuropee contro
i Paesi mediterranei: un conflitto nel quale
sfumano le appartenenze ideologiche, e contano invece molto le
convergenze di interessi nazionali e la geopolitica.