martedì 2 febbraio 2016

Corriere 2.2.16
La ginnastica di Kafka prima di scrivere
di Paolo Di Stefano

«Il lavoro è sempre il modo migliore per fuggire dalla vita», scrisse Flaubert. Tutte le sere che Dio mandava in terra, dopo la cena e le chiacchiere con la madre (per un paio d’ore!), si sedeva a scrivere per molta parte della notte. «La routine, in un uomo intelligente, è segno d’ambizione»: è il parere del poeta Auden. Secondo lui la creatività comportava una disciplina militare, dopo aver dedicato una decina di minuti alla parole crociate. Nabokov cominciò a scrivere Lolita in viaggio attraverso gli Stati Uniti, lavorando di notte sul sedile posteriore dell’auto parcheggiata in area di servizio. Da giovane preferiva scrivere a letto fumando, ma da quando abbandonò le sigarette alternava la scrivania alla poltrona al divano per non sovraccaricare la schiena.
Sono i Rituali quotidiani dei Grandi Spiriti raccontati dal giornalista americano Mason Currey (Vallardi editore). La struttura del libro, né cronologica né alfabetica né tematica, è incomprensibile, ma la lettura rimane gustosa, a tratti deprimente, a tratti esilarante. «Papà è di cattivo umore finché non si lava», ricordava il figlio maggiore di Tolstoj. Arrivava sempre in ritardo a colazione, in vestaglia e con la barba arruffata, per mangiarsi due uova sode senza dire una parola. Orwell, cui si deve (per contrasto) il titolo di questa rubrica, lavorando part-time in un negozio di libri usati a Londra, poteva scrivere al mattino, rilassarsi in libreria nel pomeriggio e girovagare da scapolo la sera. Un tran tran invidiabile. Tutto l’opposto dell’impiegato Kafka, che viveva in famiglia: la sera faceva ginnastica, nudo, per una decina di minuti con la finestra aperta, prima di cenare e di dedicarsi alla scrittura magari fino alle sei del mattino. Con la camicia sporca del giorno prima, Joyce passava le serate a socializzare nei bar, dove talvolta esibiva, cantando vecchie canzoni irlandesi, la sua voce da tenore. Nonostante i 19 traslochi in sette anni, riuscì a concentrarsi sull’Ulisse, impiegando circa 20 mila ore per trovare l’ordine giusto delle parole nelle frasi che diceva di avere già in testa. In genere i Grandi Spiriti sono insonni. E rompiscatole. Fellini si alzava alle sei aspettando con ansia le sette per poter telefonare a qualcuno. Che a quell’ora avrebbe avuto il sacrosanto diritto di dormire. Se il genio non tollera la normalità, è comprensibile che la normalità a volte mandi a quel paese il genio.